Sole a catinelle

"Il Grande Match"

Intervista al regista e al cast.


di Francesco Lomuscio7 Gennaio 2014



La notizia è stata di quelle che hanno fatto balzare dalla sedia tutti gli appassionati di cinema particolarmente amanti delle grandi star hollywoodiane e del filone sportivo: Sylvester Stallone e Robert De Niro insieme in un lungometraggio riguardante il pugilato. Proprio così, dopo aver lavorato insieme nel poliziesco "Copland" (1997) di James Mangold, il Rocky Balboa del grande schermo e il Jake LaMotta dello scorsesiano "Toro scatenato" (1980) incarnano ne "Il grande match" (2013) due pugili che, a trent'anni dal loro ultimo incontro, rimettono piede sul ring per il match decisivo. In realtà, non un film drammatico alla maniera dei citati modelli da cui provengono le due grandi star, ma una commedia ricca di citazioni al cui interno, inaspettatamente, le occasioni per ridere non si rivelano poche. Del resto, al timone di regia abbiamo il Peter Segal cui dobbiamo, tra gli altri, "Una pallottola spuntata 33 1/3-L'insulto finale" (1994) e "Agente Smart-Casino totale" (2008), il quale, accanto ai due protagonisti, ha preso parte a Roma alla conferenza stampa tenutasi in occasione dell'uscita italiana del film, distribuito da Warner Bros Pictures Italia a partire dal 9 Gennaio 2014.


Non credete che il principale motivo d'interesse del film sia la vostra presenza?
Sylvester Stallone: Beh, io credo che noi abbiamo portato molta storia al film, in effetti il lato interessante è vedere la maniera in cui due figure come noi si trovano insieme in un film riguardante la boxe.

Robert De Niro: Io mi sono detto che era il caso di provare a fare il film, speriamo che alla gente piaccia.

Quanto c'è di Rocky Balboa e quanto di Jack LaMotta nei vostri personaggi?
Sylvester Stallone: Sicuramente, nel mio personaggio c'è un po' di Rocky Balboa, soprattutto per quanto riguarda i suoi movimenti, ma non ha gli stessi problemi.

Robert De Niro: Anche per quanto riguarda il mio personaggio, alcuni aspetti dal punto di vista fisico ricordano il protagonista di "Toro scatenato".

Secondo voi, come mai all'interno del filone sportivo i film riguardanti la boxe sembrano essere quelli che funzionano di più?
Sylvester Stallone: Secondo me, perché la boxe al cinema è molto più di due persone che si prendono a cazzotti in faccia. Rocky, per esempio, è un pugile, ma la sua è una storia d'amore. Anche "Toro scatenato" lo è, in questi film la boxe non è altro che una metafora.

Robert De Niro: Io credo che i film più popolari sullo sport siano quelli che riguardano la boxe, un po' perché rappresentano la battaglia che comincia nel giorno in cui nasci per terminare in quello della morte. Vi è qualcosa di mitologico, come nei film di Ercole.

In che misura siete stati rivali nel corso delle vostre carriere?
Sylvester Stallone: Siamo stati rivali perché lui mi ha fregato tutti i ruoli (ride). È molto interessante il fatto che abbiamo iniziato insieme, per poi esserci incontrati in "Copland" e ritrovarci oggi, dopo aver preso strade diverse. Ricordo ancora quando, nello stesso cinema, davano "Rocky" e "Taxi driver".

Robert De Niro: Ma io non ho mai sentito rivalità con lui (ride).

Sylvester Stallone: Io sì, però (ride).

Come è stato per Peter Segal trovarsi a dirigere due attori del loro calibro?
Peter Segal: Mi sono sentito intimidito, perché entrambi hanno avuto esperienze di regia, ma sono stati molto carini e, non potendo allenarsi insieme, lo hanno fatto in palestre e posti diversi. Sylvester, inoltre, mi ha insegnato molte cose sulla boxe.

Quale è stata la reazione di Robert De Niro quando gli è stato proposto il film?
Robert De Niro: Mi parlarono di questa idea durante un party e, all'epoca, non era neppure sicura la partecipazione di Sylvester, poi, però, ha accettato la parte.

Come viene mostrato nel film, la vecchiaia può rappresentare un momento per mettere a posto cose perse della vita?
Sylvester Stallone: Nel momento in cui arrivi a capire la vita, essa è quasi finita, quindi, si possono realizzare ruoli molto drammatici sulla vecchiaia. Esistono molti film di questo genere sull'anzianità, perché vi sono anche molti spettatori cresciuti con noi interessati a vedere al cinema cose che li riguardano.

Robert De Niro: Ha detto tutto lui, che altro devo aggiungere (ride)?

Il film fonde insieme dramma e commedia...
Peter Segal: La sfida interessante del film era proprio il fatto che in essi erano inclusi una parte drammatica e una da commedia. Alla fine, viene considerato una commedia, ma nessuna delle due parti, in realtà, può vivere senza l'altra.

Cosa potete dirci, invece, della tematica relativa alla seconda chance, anch'essa presente nel film?
Sylvester Stallone: Nella mia carriera ho avuto alti e bassi e ho avuto una seconda chance nel 2006, con "Rocky Balboa". Uno dei rimpianti è rappresentato dal non poter risolvere qualcosa che abbiamo fatto male in passato.

Robert De Niro: Invecchiando, ovviamente, al cinema non ti offrono più gli stessi ruoli di prima, ma ti senti ancora importante e fa piacere sapere che esistono spettatori che ti seguono ancora. Per quanto riguarda i rimpianti, mi ritengo fortunato, ma non posso citarli in pubblico perché sono personali.

Vedremo Sylvester Stallone per la settima volta nei panni di Rocky?
Sylvester Stallone: No, la serie "Rocky" è chiusa, si è parlato di fare un film su un personaggio incluso in essa, ma non su Rocky.

Si tratta forse di "Creed", il film che sta realizzando Ryan Coogler?
Sylvester Stallone: Sì, è quello, riguarda Apollo Creed, mentre Rocky è in pensione ed ha un ruolo da non protagonista.

Robert De Niro, invece, sappiamo che interpreterà in un altro film l'allenatore di Roberto Duran...
Robert De Niro: Sì, in "Hands of stone" di Jonathan Jakubowicz interpreterò Ray Arcel, allenatore degli anni Trenta che allenò per dieci o undici anni Roberto Duran.

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