Il grande match
Sembra confermata la sentenza che considera il calcio come "il gioco più bello del mondo".
Anche se le donne, a qualunque latitudine, mostrano in proposito indifferenza o compassione ("sono tutti scemi. 22 uomini in mutande con un pallone e uno col fischietto che corrono, mentre tutti li guardano"). L'idea di base è venuta al regista Olivares - al suo primo film, autore di documentari naturalistici, culturali e antropologici per importanti canali mondiali - durante sopralluoghi e viaggi nei medesimi luoghi attraversati dalla pellicola, dove lo hanno sorpreso episodi simili. In una fotografia spaziosa e luminosamente cromatica curata dallo stesso Olivares, ognuno dei tre spezzoni - al ritmo delle rispettive musiche tradizionali rivisitate - si snoda lungo le piccole-grandi peripezie degli spostamenti.

Da una parte, tra bizzarrìe e situazioni prossime alle comiche i nativi fanno la figura di ritardati e "buoni selvaggi", effetto questo rimarcato dallo stentato accento straniero del doppiaggio. Dall'altra, su quale sia il maggior fattore di globalizzazione per un accampamento di pastori nomadi sulla catena degli Altai della Mongolia, una carovana di commercianti tuareg nel deserto del Tenere in Niger, un villaggio indio di cacciatori dell'Amazzonia, la risposta emerge palese: prima ancora della sfera, la televisione. La quale è strumento di colonizzazione (i mongoli hanno cambiato percorso delle rotte e adesso seguono le linee elettriche, i tuareg in piedi con la mano sul cuore per l'inno nazionale tedesco fanno compravendita delle foto delle ben conosciute modelle di Playboy, gli indios si fanno il segno della croce passando davanti alla missione cattolica e saranno obbligati a vestirsi per entrare negli stadi dei prossimi mondiali). E pur di vedere cosa si agita nel piccolo schermo, i nostri si riducono al parassitismo nei confronti della società tecnologica.
L'effetto non voluto, per un'operina che aspira ad essere ironicamente leggera, è perciò quello di infondere tristezza.

La frase:
- "Come è stata la giornata, nonna?".
- "Direi buona come al solito. Un altro giorno a contemplare sconcertata l'esistenza".

Federico Raponi

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