Mud
Metti due premi Oscar e uno dei più giovani e apprezzati registi del panorama internazionale e non può che uscire un lavoro ben fatto. “Mud” è una storia che unisce varie tematiche in un mix che cattura l’interesse, senza annoiare gli spettatori. Continua lo stato di grazia di un grande Matthew McConaughey, che dopo “Killer Joe” e l’ottimo 2013 culminato con l’Oscar in “Dallas Buyers Club”, come miglior attore protagonista, è tra gli interpreti del terzo film di Jeff Nichols, già vincitore con “Take Shelter” del premio per la critica al Festival di Cannes nel 2011. La protagonista femminile è un’enigmatica Reese Witherspoon, che insieme a Sam Shepard, chiude un trittico di vincitori degli Academy Awards. La vera rivelazione è la naturalezza nella recita da parte dei due giovanissimi protagonisti, un bravo Tye Sheridan, accompagnato da Jacob Lofland, alla sua prima volta sul grande schermo.
Nel lungometraggio si uniscono vari temi, che convergono intorno ad un unico elemento: “Shotgun stories” era un film sulla vendetta, “Take Shelter” sulla paura, mentre in questa terza fatica è l’amore il centro di tutto. Il protagonista Ellis (Tye Sheridan) è alla disperata ricerca di un modello d’amore di riferimento, ma non riesce a trovarlo nella famiglia in crisi e nelle altre figure che contornano la sua giovane vita da quattordicenne. La scoperta di una barca e del suo bizzarro e inquietante abitante Mud (Matthew McConaughey), insieme all’amico Neckbone (Jacob Lofland), cambierà la sua vita e la farà scorrere su binari ben più grandi di quanto possa immaginare. La costruzione della barca è la metafora della vita del “Robinson Crusoe del Mississippi” e del suo sconfinato e malato amore per la bella e fatale Juniper (Reese Whiterspoon). La caccia all’uomo che si scatena riempie di action la passione drammatica che si respira nel film, sin dalla comparsa della giovane ragazza, che non ci abbandona nemmeno nei rari momenti in cui è dato risalto alle vicende sentimentali dei due adolescenti. La vita è come il fiume, che percorrono con la loro piccola barca a motore, un moto inarrestabile dove al massimo puoi fare una sosta sull’isola per poi ripartire.
Lo sviluppo dell’intreccio da parte del regista è lineare e in alcune fasi, forse, scontato, ma questo non abbassa il livello di un’ottima sceneggiatura. La caratterizzazione dei personaggi è molto forte e lo scenario dell’Arkansas è affascinante, con la fotografia che trasporta all’interno di angoli di paradiso naturale. Nichols vuole rendere la vicenda la più realistica possibile, poiché quelli raccontati sono i luoghi della sua infanzia e la sfida è vinta pienamente. L’opera è sicuramente godibile anche per chi non ama il romanticismo, infatti, i due amanti, non vengono mai a contatto e il loro sguardo s’incrocia solamente in una scena carica di significato. Una lezione di vita quella data dal giovane protagonista, su una delle tematiche più affascinanti, che viene toccata evitando di incorrere nella banalità in cui spesso e volentieri tanti registi incappano.
La frase:
"Non ti fidare dell’amore Ellis, ti consuma e poi ti lascia sempre a bocca asciutta".
a cura di Thomas Cardinali
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