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Maria full of Grace
Dopo l'ottima accoglienza all'ultimo festival di Berlino - premiato come miglior opera prima - arriva in Italia "Maria full of Grace" di Joshua Marston.
La storia è quella di Maria (Catalina Sandino Moreno) una ragazza colombiana impiegata in una fabbrica di fiori. Maria, abbandonato il lavoro perché sfruttata e maltrattata, è costretta a trovare un nuovo impiego per mandare avanti la famiglia (nonna, madre, sorella e nipotino) per la quale è l'unica fonte di sostentamento. La sua urgenza è ulteriormente aggravata dalla circostanza di trovarsi incinta. L'unica sua possibilità è di accettare di fare la "mula", ossia, di portare, per conto di un boss, droga negli Stati Uniti. Ma non è l'unica. Nel viaggio verso gli States incontrerà altre ragazze anche loro con il loro prezioso carico ben custodito.
Il film racconta una storia cruda e disarmante. Il regista americano la filma con uno stile realistico quasi da reportage e solo in alcuni momenti mitiga la pesante atmosfera con ariose riprese di una Colombia luminosa e colorata. La macchina da presa spesso insegue gli eventi ed i personaggi seguendone i gesti e le espressioni. Movimenti accurati ed attenti che nella scena dell'aereo - dove le ragazze si riconoscono come "mule" - restituiscono un'altissima tensione allo spettatore.
L'opera, che nella scarsa originalità dei dialoghi ha la sua maggiore debolezza, rimane interessante fino alla fine dove il finale - auspicato ed inevitabile - lascia un sapore dolce amaro in bocca.
Bravo Marston - anche autore oltre che direttore - nel descrivere le scene in cui vediamo le "mule" caricarsi della merce da trasportare e del contenuto delle quali vi lasciamo la sorpresa.
Le interpreti reggono bene la prova. In particolare, la protagonista, l'attrice colombiana Catalina Sandino Moreno - premiata a Berlino come miglior attrice - fornisce al suo personaggio una disincantata energia che lo rende irresistibilmente attraente. Capace di coniugare la tragedia con l'istintiva giovialità di una ragazza di diciassette anni, la Sandino è autrice di un'ottima prestazione. In fondo, la sua prova è quasi paradigmatica del film nel quale la gravità dell'argomento è smussata da una innata positività verso la vita, anche quando questa non sembra affatto riservare particolari gioie a chi la sta vivendo.
Complimenti per il titolo, significatamene allusivo.
Daniele Sesti
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