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Joshua
La seconda pellicola di George Ratliff si addentra nei meandri oscuri della psicologia infantile, regalando agli amanti del sottogenere horror "bambino malefico" un film decisamente angosciante.
Il già fragile equilibrio della famiglia Cain, viene messo ulteriormente alla prova dall'arrivo della secondogenita Lily. Alla felicità dei genitori Brad e Abby, infatti, si contrappone l'inquieta solitudine di Joshua, il primogenito. Il bambino dimostra di avere disturbi comportamentali al limite del sociopatico, ma quando il padre, rimasto solo, finirà per prendere atto della condizione del figlio, capirà che è troppo tardi per porne rimedio...
Decisamente altalenante questo "Joshua". Sia come recitazione, che come sceneggiatura.
Quasi interamente girato all'interno dell'appartamento, nell' Upper East Side di New York, in cui abita la famiglia Cain, e quasi sempre accompagnato dal pianto disperato della piccola Lily, "Joshua" si rivela essere un film claustrofobico e piuttosto disturbante. Suoi i pregi di una sceneggiatura volutamente grottesca nei dialoghi e tesa nel ritmo; e di un accompagnamento sonoro che ricorda, con i suoi suoni distorti e le sue "note" stonate, le situazioni e le atmosfere raccontate dal maestro Kubrick in "Shining".
Purtroppo però, malgrado la pellicola di Ratliff dimostri di avere dalla sua una buona regia di genere, pare che il film si areni, perfino arrancando nella fase finale, nella sua stessa incapacità di gestire un soggetto sì coinvolgente, ma a tratti inverosimile.
Poco credibili molte situazioni sparse nel film che, messe insieme, alla lunga fanno storcere il naso. Inverosimile ad esempio l'eccessivo cinismo di quasi tutti i dialoghi - come se ai personaggi non importasse molto di ciò che realmente stia accadendo davanti ai loro occhi; e poco probabili certi atteggiamenti di alcuni personaggi secondari - come la psicologa che crede di avere gli elementi per accusare il padre di Joshua di pedofilia, ma si limita ad urlargli contro e davanti al bambino.
Benino invece la recitazione. Bravo Sam Rockwell, nel ruolo di un padre dall’animo adolescente; molto convincente Vera Farmiga, una madre con gravi disturbi bipolari; e decisamente azzeccata la scelta del piccolo Jacob Kogan nel ruolo di Joshua, capace di trasmettere angoscia, con la sua espressione malefica, per tutta la durata della pellicola.
Insomma, "Joshua" è un film che riesce a catturare l'attenzione grazie alla generale insanità che, o dai dialoghi, o dalla regia, la storia trasmette. Purtroppo però si perde nella fase finale, quando avrebbe dovuto risolvere in modo razionale e logico tutte le situazioni fin lì costruite, il film decide di volgere la schiena al pubblico, come farebbe invece un bambino capriccioso e svogliato, lasciando a tutti la sensazione di un lavoro incompiuto.
La frase: "...Eri davvero un bel bambino...".
Diego Altobelli
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