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Enter the Void











Il regista Gaspar Noé lo definisce "melodramma psichedelico": niente di più azzeccato, il genere drammatico e il carattere psichedelico sono alla pari in questo film ibrido ambientato a Tokio, in cui Oscar, un giovane spacciatore americano, e sua sorella Linda vivono da poco. Il giovane protagonista si guadagna da vivere spacciando; una sera viene incastrato da un altro spacciatore e ucciso dalla polizia. Oscar vive un’esperienza extracorporea che gli permette di vedere tutto ciò che accade a sua sorella e al suo giro di conoscenti, fluttuando sopra le strade e i locali notturni di Tokyo.
Fin dalla prima inquadratura colpisce la scelta di girare interamente in soggettiva, sulla scia di film come "The Blair Witch Project" e "Cloverfield", anche se ci si muove su un altro supporto. La soggettiva non proviene da una cinepresa o da una telecamera, ma appartiene agli occhi (da vivo o da trapassato) di Oscar. Vista la particolare scelta di regia, vengono impiegati mezzi leggeri: la macchina da presa vola letteralmente, passa sopra i muri delle abitazioni, controlla dall’alto tutto quello che succede in città. Le luci e i colori fluorescenti contribuiscono a costruire un’immagine di Tokio alterata esurreale. Assolutamente particolare l’andamento del racconto, costruito attraverso scelte che solo il cinema permette di adottare attraverso il suo linguaggio unico. Noé trasgredisce lo stile del racconto classico sotto molti punti di vista, facendo largo uso del fuori fuoco, alterando tempo e spazio, sovrapponendo la normale cronologia degli eventi.
Visivamente parlando, si tratta di una vera e propria esperienza estetica, che regala molto più della semplice fruizione cui lo spettatore è abituato.
Il trip causato dagli stupefacenti sembra essere il fulcro della storia ma non è affatto così: sotto questa grande struttura di luci e colori emergonosvariati temi, come ilcomplesso di Edipo, la continua e opprimente presenza della morte, l’angoscia di rimanere soli dopo la scomparsa di una persona cara e la reincarnazione, vera tematica centrale. Argomento che il regista sceglie di affrontare e sviluppare in modo assolutamente non convenzionale, in linea con l’essenza del film stesso.
Si tratta di una pellicola poco adatta ai "deboli di stomaco", un po’ per ciò che accade, un po’ per ciò che il regista sceglie di mostrare: sicuramente abusata l’attenzione nei confronti del rapporto sessuale, troppo frequente e troppo visibile.
Un film che genera qualche riserva, non sufficiente però a metterne in ombra il forte valore filmico e umano.

La frase:
- "E se poi muori?"
- "Ritornerò".

a cura di Fabiola Fortuna

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