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Speciale: Venezia '60 / Diario del Visionario



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Ogni giorno un "Diario da Venezia" scritto dai nostri inviati che riporterà gli eventi principali della giornata in laguna al Festival.
a cura di Valerio Salvi


Diario del Visionario del 03.09.2003

Ebbene si... finalmente sbarca al Lido una delle più grandi protagoniste delle nostre vite, un faro guida nel mare magnum della vita di un cinefilo, qualcuno in grado di muoversi nel mondo del cinema con la naturalezza tipica della sicurezza che può dare la conoscenza di tre lingue. Lei, l'incredibile, professionale, indomita direttrice: Valeria Chiari.
Bene chiusa la parentesi mondana che avrà fatto la gioia di tutti, dopo aver smaltito la "botta" di "Codice 46" di Winterbottom, film senza capo né coda che ci lascia attoniti e seppelliti di domande di tutti i tipi a cominciare da: ma che è successo e perché?, siamo pronti a subire il primo film punitivo del festival, una "bella" pellicola indiana, "Abar Arannye", che riflette sui tempi che passano, sull'India e sul mondo (!), il tutto in tempi biblici e con ritmi sudamericani. Se aggiungiamo il fatto che fin da piccolo odiavo i cartoon della Disney ogni volta che arrivavano i pezzi cantati, potete immaginare l'effetto devastante dei siparietti all'insegna di balli e canzoncine "arancioni".

Fortunatamente la serata è assurta a livello di indimenticabile grazie a quei grandi geni dei fratelli Coen ed al loro "Prima ti sposo, poi ti rovino", una commedia incredibile. Ritmo costante senza flessioni, e che ritmo, due interpreti grandiosi (ma Clooney è da standing ovation) e una soddisfazione uscendo dalla sala che non è seconda a null'altro. Per lunghi momenti ho pensato che sarei stato punito da qualche divinità del cinema per essere stato così felice ed aver quasi raggiunto il "nirvana del critico", ed in effetti è puntualmente accaduto. Il supplizio è stato "Twentynine palms" di Bruno Dumont. Come definire il brutto? Probabilmente non si può, perché questo film va al di la. Non è solo brutto, è irritante, inutile, pesante, ossessivo e tutti gli altri aggettivi denigratori che vi possano venire in mente.
Si dice che Monicelli sia prima stato preda di convulsioni durante la visione e poi abbia chiesto che il regista fosse impalato sulla piazza del Lido.
di Valerio Salvi

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