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Arrivederci amore, ciao

Opinioni presenti: 40
Media Voto: Media Voto: 7 (7/10)

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Bel film amaro

(8/10) Voto 8di 10

Michele Soasvi non mi ha deluso come credo non abbia deluso i suoi fans ( del resto anche le fiction televisive erano di alto livello, altissimo se commisurate alla media, tranne l'infelice caso di San Francesco ). La storia è davvero amara, tristissima, e svela un retroscena dell'essere uomo che non si vorrebbe mai sapere né vedere ( ma sono convinto che nell'elaborazione del tema conti moltissimo l'attenersi ai canoni del noir ). In fondo dire che il mondo è marcio è un'opinione vecchia come il mondo stesso, così come gli altri accenni alla cronaca del film ( il nord est avido, egoista, ecc. ; la normalità che sconfina sempre con il crimine, ecc. ). Quello che pè bellisssimo, invece, è lo strazio ( splendidamente reso da Boni, il più grande attore giovane italiano del momento ) di non riuscire mai ad approdare a questa purezza, a questa normalità, a questo essere " merito " che il protagonista desidera fino allo spasimo ( e, si badi, il suo passato era legato al terrorismo che voleva proprio distruggere questa nornalità ). Le ballerine del laido night hanno le ali come gli angeli; Isabella Ferrari spunta irridente dietro una donna nuda che sfoggia un vestito da sposa e si allontana senza che il protagonista riesca a raggiungerla. E' il destino che fa sprofondare nell'abisso questo eoe nero, proprio servendosi di quel desiderio di essere notrmale ( e finirla con le violenze ) che lo anima. Il delitto peraltro, compiuto con freddezza e anche con compiacimento si porta sempre dietro una maledizione bven espressa dal motivo ricorrente della Caselli: la coscienza ? Non sono convinto che il protagonista sia un vincitore; non sono neppure convinto che l'opera sia un inno alla criminalità e all'ingiustizia. parte il fatto che raramente al cinema si veda con tanto disprezzo e disgusto la brutaòità di una criominalità impazzita, conta proprio questo non poter uscire dal letamaio in cui il giobvane si è cacciato. Siamo ben dentro il moralismo, e il film di Soavi appare una vera requisitoria sulla banalità e la sgradevolezza ( ma anche la maledizione ) del male; e poco importa, in fondo, che il bene, la normalità siano così insulsi e così stupidi. Oltre a questo c'è un film che è un ottimo mreccanismo d'azione, di montaggio, di inquadratuire sghembe ed originali, di punti di vista inaspattati nel filmare il reale: tutti talenti che Soavi ha coltivato come ottimo regista di horror films.



Vittorio, 54 anni, Bagnolo Cr. (CR).




la riabilitazione

(7/10) Voto 7di 10

Mi è piaciuto come il regista ha saputo rendere certi ambienti in cui regnano corruzione e degrado morale, con le immagini cruente e violente che caratterizzano il suo cinema, ma anche con un giusto ritmo che disturba appena persino gli spettatori più "delicati" come me (al contrario di altre persone, non ho mai pensato di lasciare la sala, ma mi sono solo, a volte, coperta gli occhi). Ma soprattutto mi è piaciuto quel concetto di redenzione (o purificazione) del protagonista, che consiste nella riabilitazione prevista dal un testo normativo: niente più di una legge, un freddo articolo del codice diventa la vera meta della sua esistenza e della sua mente (credo) folle.



Nuccia, 53 anni, Firenze (FI).




La peggiore gioventù ben rappresentata

(9/10) Voto 9di 10

Sarà anche la stagione dei film dove l'assassino la fa franca (Match Point, La terra), cosa peraltro quanto mai reale, ma ciò non toglie nulla al valore e al coraggio del film, che pur nella crudezza ed imprevedibilità della storia mantiene una misura che lo tiene saldamente ancorato ad un equilibrio narrativo lineare. La peggiore gioventù non poteva avere migliore rappresentazione cinematografica. La riabilitazione è la metafora di una società dove l'apparenza finisce col prevalere sulla sostanza. Simpatico Michele Placido, affascinante Isabella Ferrari, in Alessio Boni contrasta, ma non dispiace, il bello che fa il brutto. Comunque un ottimo ritorno al cinema di Soavi.



Giovanni, 48 anni, Mesagne (BR).




Suonane un'altra, Sam

(4/10) Voto 4di 10

Il film riesce (ma non ci voleva molto impegno) ad essere più godibile del libro. Ha molti peccati da farsi perdonare, il primo dei quali è, appunto, essere troppo fedele a quel minestrone pulp che è il romanzo. Scimmiotando le spy-stories americane di cinquant'anni fa, lascia che una voce off commenti gli stati d'animo del protagonoista e riempia i vuoti di sceneggiatura. Da un punto di vista tecnico la pellicola è abbastanza buona (a parte il fatto che i dialoghi risultano spesso incomprensibili, perché recitati a bassa voce). Bella soprattutto la scena del flash-back, in cui il protagonista ex terrorista ricorda il suo primo attentato in cui perde la vita un vigilante notturno. I pezzi di bicicletta in fiamme che piovono dall'albero sono frutti che lasciano presagire un futuro segnato da storie di morte e criminalità senza uscita. Non si capsice perché, però, trovandosi ormai al di là del ben e del male, non avendo minimamente in animo di strafo**ersene della propria coscienza il nostro eroe (?), dopo aver ammazzato svariati individui, venduto droga, sc**ato o quasi stuprato una donna sotto ricatto e compiuto altri innumerevoli misfatti, debba avvertire la voce della coscienza solo per quel primo omicidio, indesiderato e forse per questo meno colpevole di tutti. Tutti i personaggi servono unicamente a raccontare la malvagità sconfinata del protagonista ed escono di scena come clinex usati. Isabella Ferrari, la quasi stuprata in questione, dopo trenta minuti di film ci abbandona; ci si aspetta che in qualche modo ritorni, che abbia un senso nell'economia del soggetto, che rappresenti in qualche modo la normalità che chiede i conti. Niente. Nel film è tutto marcio. Okay, siamo d'accordo, viviamo tempi difficili, in cui non è più possibile la distinzione tra buoni e cattivi, perchè la corruzione ha raggiunto livelli estremi, toccando ogni frangia dell'umana società. Ma quando è troppo è troppo. Uno schifo di anima pensante qualcuno in giro la deve pure avere. Ravenna non è San Francisco. E se ne accorge anche l'autore: il nostro finalmente si sposa, forse ha messo la testa a posto. Macché: uccide anche la moglie che aveva ormai capito le sue malefatte. Questo Hannibal Lecter dei poveri riacquista proprio attraverso una lunga teoria di crimini la sua tanto desiderata normalità, tanto da porre, con un cinismo che fa quasi tenerezza, una corona di fiori sulla tomba della moglie con scritto (indovinate?) "Arrivederci, amore, ciao". Si salva un ottimo Michele Placido (anche se gli viene messo in bocca un imporbabile accento sardo-siculo), che nei panni del laido è ormai insuperabile. Ultima annotazione: la canzone. In questo film è usata come una colonna sonora dei Goblin, una cantilena alla Suspiria. Dopo Moretti, i nostri grandi creativi (scrittori, sceneggiatori) non ne hanno saputa trovare un'altra dall'identico impatto mediatico. Il film e il libro hanno scalato le classifiche. E' proprio vero: non ci sono più i buoni sentimenti di una volta.



Claudio grattacaso, 45 anni, Salerno.




Risparmiatevi i 7 euro del biglietto

(1/10) Voto 1di 10

Soavi costruisce un film dalla sceneggiatura sgangherata, sulle spalle di un artisticamente fragile Alessio Boni. Saper confezionare delle buone fiction televisive non vuol dire saper fare cinema. Film inutile, nonostante, la presenza di uno spettacolare e tarantineggiante Michele Placido. Sensuale e affascinante come sempre il cammeo di Isabella Ferrari.



Duecci:, 43 anni, .. (NA).





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