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Titolo film:    Arrivederci amore, ciao
Opinioni presenti:    40
Media Voto:    7 - Media Voto: 7


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Il parere di Claudio grattacaso, 45 anni, Salerno
Suonane un'altra, Sam
Voto 4 di 10 Voto 4di 10
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Il film riesce (ma non ci voleva molto impegno) ad essere più godibile del libro. Ha molti peccati da farsi perdonare, il primo dei quali è, appunto, essere troppo fedele a quel minestrone pulp che è il romanzo. Scimmiotando le spy-stories americane di cinquant'anni fa, lascia che una voce off commenti gli stati d'animo del protagonoista e riempia i vuoti di sceneggiatura. Da un punto di vista tecnico la pellicola è abbastanza buona (a parte il fatto che i dialoghi risultano spesso incomprensibili, perché recitati a bassa voce). Bella soprattutto la scena del flash-back, in cui il protagonista ex terrorista ricorda il suo primo attentato in cui perde la vita un vigilante notturno. I pezzi di bicicletta in fiamme che piovono dall'albero sono frutti che lasciano presagire un futuro segnato da storie di morte e criminalità senza uscita. Non si capsice perché, però, trovandosi ormai al di là del ben e del male, non avendo minimamente in animo di strafo**ersene della propria coscienza il nostro eroe (?), dopo aver ammazzato svariati individui, venduto droga, sc**ato o quasi stuprato una donna sotto ricatto e compiuto altri innumerevoli misfatti, debba avvertire la voce della coscienza solo per quel primo omicidio, indesiderato e forse per questo meno colpevole di tutti. Tutti i personaggi servono unicamente a raccontare la malvagità sconfinata del protagonista ed escono di scena come clinex usati. Isabella Ferrari, la quasi stuprata in questione, dopo trenta minuti di film ci abbandona; ci si aspetta che in qualche modo ritorni, che abbia un senso nell'economia del soggetto, che rappresenti in qualche modo la normalità che chiede i conti. Niente. Nel film è tutto marcio. Okay, siamo d'accordo, viviamo tempi difficili, in cui non è più possibile la distinzione tra buoni e cattivi, perchè la corruzione ha raggiunto livelli estremi, toccando ogni frangia dell'umana società. Ma quando è troppo è troppo. Uno schifo di anima pensante qualcuno in giro la deve pure avere. Ravenna non è San Francisco. E se ne accorge anche l'autore: il nostro finalmente si sposa, forse ha messo la testa a posto. Macché: uccide anche la moglie che aveva ormai capito le sue malefatte. Questo Hannibal Lecter dei poveri riacquista proprio attraverso una lunga teoria di crimini la sua tanto desiderata normalità, tanto da porre, con un cinismo che fa quasi tenerezza, una corona di fiori sulla tomba della moglie con scritto (indovinate?) "Arrivederci, amore, ciao". Si salva un ottimo Michele Placido (anche se gli viene messo in bocca un imporbabile accento sardo-siculo), che nei panni del laido è ormai insuperabile. Ultima annotazione: la canzone. In questo film è usata come una colonna sonora dei Goblin, una cantilena alla Suspiria. Dopo Moretti, i nostri grandi creativi (scrittori, sceneggiatori) non ne hanno saputa trovare un'altra dall'identico impatto mediatico. Il film e il libro hanno scalato le classifiche. E' proprio vero: non ci sono più i buoni sentimenti di una volta.

Questa opinione è stata scritta da:
Claudio grattacaso
45 anni
Salerno.
(21 Maggio 2007)






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