The Informant!
Abituati ai film di denuncia di Soderbergh come "Traffic" e "Erin Brockovich", infelici e inquieti per gli argomenti scottanti che trattano, si rimane piacevolmente colpiti nel vedere la sua ultima fatica "The Informant".
Pur rimanendo nell’ottica della contestazione alla moderna società sempre più corrotta e opportunista, infatti, il regista ci regala una black comedy mascherata da thriller procedurale, condendo i fatti reali con esasperate e quasi surreali espressioni dell’animo umano e societario.
Il film, tratto dal libro dello scrittore newyorkese Kurt Eichenwald, basato su fatti realmente accaduti, racconta di Mark Whitacre, biochimico specializzato nel campo agroalimentare, che ricopre un ruolo fondamentale per l’azienda in cui lavora. Negli anni ’90, inizia a collaborare con l’FBI, per smascherare la politica di controllo dei prezzi adottata dalla sua compagnia. Dotato di microregistratore, partecipa alle riunioni e registra gli accordi con le compagnie concorrenti per fare cartello sul mercato mondiale. Ma le sue rivelazioni non sono niente rispetto a ciò che ha da nascondere.
La confezione del film è molto particolare, la voce fuori campo dello stesso protagonista, (interpretato da Matt Damon), scandisce le giornate e i pensieri di un uomo normale, dedito alla famiglia e al lavoro, mentre i dialoghi ci raccontano di un mondo difficile e a tratti incomprensibile come quello della politica aziendale. Quest’ultimo fattore, soprattutto nella parte iniziale del film, quando ancora non si è entrati nel procedimento logico di Soderbergh, tende a rallentare i ritmi rendendo la storia poco affascinante a tratti noiosa. Ma i tempi vanno via via aumentando in un crescendo di delirante ironia, man mano che il protagonista comincia a subire un profondo cambiamento personale: accecato dal desiderio di popolarità e di conferme altrui, infatti, si tuffa in un vortice di verità paradossali da lui stesso creato, e dal quale sarà difficile uscire.
Matt Damon è quasi irriconoscibile in questo film, ingrassato di 13 chili e nei grigi panni dell’impiegato d’azienda, riesce a dare un immagine talmente ambigua del suo personaggio tanto da riuscire a convincere persino lo spettatore della sua totale ingenuità, per poi rivelarsi per quello che è solo alla fine, quando ormai i giochi sono fatti e non si può tornare indietro, e non si sa più se provar pena o rancore per lui. Esattamente come capita all’agente dell’FBI Brian Shepard, incaricato di condurre l’indagine sulla società di Mark. Interpretato da un eccezionale Scott Bakula, l’agente vede in Mark un uomo vero e onesto, tanto che durante le indagini non dimentica di portare con se la foto della famiglia Whitacre, così da non dimenticare quanto siano importanti certi valori. Quando poi viene a galla che Mark si è dimenticato di riferire alcune illegalità da lui commesse, Shepard, lo ritiene solo un uomo ingenuo che è caduto nella trappola degli uomini per cui lavora. Quello che viene a scoprire a sue spese è che tutto ciò che Mark racconta è contradditorio, fasullo, manipolato dalla sua stessa mania ossessiva di voler essere al centro dell’attenzione.
Volendo a tutti i costi cercare un messaggio in "The Informant", si potrebbe dire che la società corrotta in cui viviamo, porti alcune persone ad adeguarsi ad essa quasi per pura sopravvivenza, come se il comportamento illecito sia l’unica soluzione per sopravvivere in un mondo di squali, come se fosse l’unica realtà che si conosce e quindi l’unica attuabile, come se vivere in un mondo traviato ci porti inevitabilmente a guastare la nostra stessa integrità. E alla fine ci si chiede quanto di questo atteggiamento sia ingenuo e patologico e quanto invece meschino e opportunista.
Alla fine però forse è meglio guardare il film con più leggerezza, senza addentrarsi troppo in inutili moralismi e godere di una divertente e sarcastica sceneggiatura, ben interpretata e ben girata.
La frase:
- "Chiamami Agente Segreto 0014"
- "Perché?"
- "Perché sono furbo il doppio di 007"
Monica Cabras
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