Speed Racer
Nel 1967 Tatsuo Yoshida - il maestro creatore di serie animate come "Gatchman: La guerra dei pianeti", "Judo Boy", "Il mago pancione Etciù" e, soprattutto, "Kyashan" -, considerato uno dei pionieri dell’animazione giapponese, creò e disegnò un cartone che divenne nel giro di una decina di anni, un vero anime di culto. "Match Go Go Go", giunto in Italia solo nel 1980 con il titolo "Super auto Match 5" (con la mitica colonna sonora cantata dai Cavalieri del Re) si impose nel fragile ma variegato palinsesto televisivo di primi anni ’80 con la sua struttura episodica che vedeva ad ogni nuova puntata il protagonista Go Mifune (da qui il gioco di parole del titolo dove "go" in giapponese significa "cinque") iscriversi ad una nuova corsa su un circuito ai limiti delle capacità umane, e vincerla ricorrendo all’aiuto dei marchingegni installati sulla sua vettura, sbaragliando gli avversari venduti a una organizzazione criminale. Ad assisterlo vi erano tutta una serie di personaggi dalla presenza piuttosto pretestuosa di puro intrattenimento: dalla bella Trixie, innamorata del protagonista, alla scimmietta Chim-Chim, e a seguire tutta la famiglia Mifune.
Malgrado la natura profondamente ingenua del cartoon, e nonostante la serie si reggesse su assunti piuttosto improbabili, il programma proseguì per oltre 50 episodi, facendosi apprezzare proprio per la sua semplicità e immediatezza. Inoltre "Super auto Match 5" attingeva a un immaginario figlio di quegli anni: e non stupiva quindi ritrovare nei vari episodi personaggi e situazioni che sembravano usciti da film come "007 - Gold Finger" o dai dischi di Elvis Prestley.

E dopo questa lunga premessa, doverosa per ricordare in linea generale l’opera di un grandissimo autore di anime, giunge nelle sale il remake di quel famoso cartoon con il titolo americano di "Speed Racer" ad opera dei fratelli Wachowsky che dopo la fantascienza dai motivi new-age di "Matrix" ci deliziano visivamente con un film che è costato oltre 120 milioni. Il risultato è un'orgia visiva ai limiti del glamour più spinto e provocatorio.
I Wachowky ci mostrano le gesta di Go Mifune, divenuto semplicemente Speed di nome e Racer di cognome, che alla fine di una vittoria su pista si vede offrire un contratto da capogiro dalla multinazionale Royalton che comanda segretamente l’esito di tutte le gare. Il ragazzo rifiuta per non venire meno ai valori della sua famiglia, ma così facendo si ritrova contro tutti i piloti in una corsa all’ultimo giro per vincere la World Racing League. Ad assisterlo, tra gli altri, un misterioso personaggio di nome Racer X, che ricorda lontanamente il suo fratello morto durante una corsa...
C’è da dire che l’impatto non manca. La pellicola dei fratelli Wachowky è una festa di colori, azione frenetica, gran ritmo guidati da una trama raccontata ricorrendo a sovrapposizioni e flashback continui. A colpire della regia soprattutto l’uso frequente di parallasse e fondali bidimensionali che si sovrappongono, richiamando alla mente la natura spartana dell’animazione del cartone cui si ispira. Mentre però le scene d’azione, le gare, divertono per la loro assurdità (giri della morte, tornanti impossibili, curve paraboliche) e per i numerosi marchingegni a cui ricorre il pilota della Match 5, di contro il film pesa - per non dire annoia - durante le fasi di collegamento tra una corsa e l’altra, cui dialoghi eccessivamente prolissi a tema "famiglia e affetto" prendono il posto alla velocità vista su strada. Sceneggiatura dunque piuttosto debole che si fa presto caotica, divisa tra arti marziali, retorica famigliare, umorismo un poco spicciolo (dove i ninja diventano nonja), e gare sfrenate: queste ultime tra l’altro, a volte risultano, causa proprio la velocità, piuttosto confuse.
Il film dei fratelli Wachowsky, quindi, è un film che diverte ed entusiasma solo se si decide di vederlo per la sua forte personalità visiva, figlia di CGI a valanga (dove ogni inquadratura è stata ritoccata al computer), e per ricordare, omaggiandolo con un pizzico di furbizia, un anime culto degli anni Sessanta. Un film adatto a tutti, soprattutto ai più piccoli, e che lascerà storditi per la mole di colori ed effetti speciali.
Di contro abbiamo una trama debole, prevedibile e alla lunga piuttosto noiosa dove troppo spesso capita di chiedersi: "Quando si rimette in pista?".
Poco importa insomma, a chi non ha amato e visto il cartone, se i personaggi e le situazioni ricalcano fedelmente l’anime: da Emile Hirsh e Christina Ricci, sino ai veterani John Goodman e Susan Sarandon, gli attori sembrano usciti direttamente dal cartone di Tatsuo Yoshida. Molti contesteranno invece l’assenza di vero pathos narrativo, magari citando certi "Giorni di tuono" del cinema automobilistico.
E ai più rimarrà la triste idea di un film travestito da cartoon che si è messo a lucido per prepararsi a una gara importante, decidendo di lasciare il cuore e le emozioni lungo la strada.

La frase: "...Giustizia? Quello è un cavallo su cui non punterei i miei soldi!...".

Diego Altobelli

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