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Pina 3D











Wim Wenders voleva realizzare un film sulla danza in collaborazione con Pina Bausch fino dalla metà degli anni ottanta. Era un progetto che stava molto a cuore ad entrambi e di cui parlavano di tanto in tanto ma che non riusciva mai ad acquistare consistenza. La mancata realizzazione di questo lungometraggio era dovuta, secondo Wenders, all'insufficienza dei mezzi tecnici disponibili, a suo avviso inadeguati a rendere su pellicola la complessità del Tanztheater di Pina Bausch. Alla fine solo il tridimensionale stereoscopico di ultima generazione ha vinto le ultime resistenze del regista tedesco.
Senonché la tragedia ha colpito all'improvviso, Pina Bausch è scomparsa il 3 giugno del 2009, proprio durante le riprese. Così in un primo momento le riprese sono state interrotte e dopo qualche tempo Wenders ha trasformato il film sulla danza a un lungo, sentito omaggio all'amica e all'artista per cui nutriva un'enorme ammirazione.

Il tridimensionale offerto da Pina è molto diverso da quello cui siamo abituati nei film "tradizionali", di solito film d'azione campioni del botteghino. Per esempio non abbiamo quell'effetto di penetrazione dello spazio visivo tanto efficace nell'animazione digitale. A parte un'unica scena iniziale in cui si ha la sensazione di attraversare una quinta, non ci sono braccia o gambe protese verso lo sguardo del pubblico o altri effetti "invasivi" di questo genere.
Il 3D di Pina potrebbe essere definito un tridimensionale di regia, in cui i piani paralleli in cui si dispiegano le coreografie della Bausch vengono scomposti e messi in evidenza. In questo modo la messa in scena teatrale diventa quasi una realtà aumentata nella rappresentazione cinematografica, mostrata in maniera diversa e per certi versi più complessa. Un'opera indubbiamente da intenditori.

Il film si basa in larga parte sulle testimonianze degli artisti che hanno lavorato con Pina Bausch nel corso di decenni. Le interviste non sono mescolate fra loro ma sono chiaramente separate, in una vera e propria divisione in capitoli. Pina Bausch, nel ritratto di Wenders, è un'artista enigmatica, allo stesso tempo discreta e visionaria, che cerca il modo di trovare una piena libertà di espressione per se stessa e per gli altri danzatori/attori. Nelle parole di questi ultimi emerge quest'ansia di ricerca, questa guida silenziosa che fornisce indicazioni di regia in un modo segreto, non verbale.

L'inizio e la fine, basati sull'alternarsi delle stagioni è emblematico, quasi una dolente accettazione delle età della vita da parte di Wenders, un modo concreto per superare il dolore di una perdita incolmabile per il mondo della danza e del teatro.

La frase:
""devi essere più folle" questa è l'unica cosa che mi ha detto in vent'anni".

a cura di Mauro Corso

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