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FloridaLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Luca Biscontini21 aprile 2016
L’acclamato regista de “Le donne del sesto piano” e di “Moliere in bicicletta”, Philippe Le Guay, realizza stavolta un film tratto da una pièce teatrale, “Le pere” di Floria Zeller, cercando di restituire attraverso le immagini - e la sfida raccolta non era delle più facili - il progressivo obnubilamento mentale di un anziano signore (interpretato da un attore di razza, quale è Jean Rochefort) che coltiva l’insano intento di raggiungere una delle due figlie (che nella realtà è deceduta da anni) in Florida, per riallacciare un rapporto interrotto da tempo.
Le Guay è abilissimo nel trattare un tema assai delicato, quello della perdita della memoria, mantenendosi perennemente in bilico tra ironia e dramma, e soprattutto dando corpo alla criptica visionarietà di un uomo che ha ormai sviluppato un mondo interiore completamento scollato dalla realtà. Lo spettatore stesso viene depistato per la maggior parte del film, e l’immaginazione di Claude (Rochefort), i suoi vuoti di memoria, il rapporto sfasato con il tempo, divengono materia filmica, un simulacro che si presenta sotto forma di verità, e si assiste al cortocircuito delle norme che regolano l’adeguamento tra l’intelletto e le cose. Se il mondo si presenta in quanto fenomeno, ovvero viene percepito attraverso le forme dello spazio e del tempo di un soggetto, perché quella di Claude dovrebbe essere una realtà dotata di minore sostanza di un’altra? Le Guay, con l’apparente levità dell’umorismo - che denota acutezza di tocco -, pone una questione assai complessa sul piano estetico, ovvero sul rapporto conoscitivo che intratteniamo con l’esterno, e, inoltre, dimostra notevole profondità di sguardo nella misura in cui amalgama armoniosamente il tempo interiore di Claude, che è un flusso di ricordi e visioni, con quello cronologico, tenuto fermo dall’altra figlia del protagonista, Carole (Sandrine Kiberlain), che eroicamente si prende cura del padre, pur dovendone subire le continue rivolte. Claude sprigiona quella emotività che coloro che lo circondano tenacemente celano, ed è, a suo modo, un rivoluzionario, uno che, alla sua veneranda età, può permettersi il lusso di contestare senza sosta l’aridità di una condizione considerata insuperabile, giustapponendo ad essa, o meglio non cessando di segnalare, una realtà altra che rivendica una pari dignità ontologica. Seguiamo il lungo e spassoso ‘viaggio in aereo’, tutti i suoi capricci, le stravaganze, finanche quando, durante un ordinario pranzo con tutti i componenti della famiglia, dopo essere stato censurato dalla figlia per la sua licenziosità, si alza in piedi e grida a squarciagola: “Nessuno scopa in questo paese!”, generando un sentimento d’ilarità e tristezza nello spettatore. È proprio questo tentativo (riuscito) di reggersi funambolicamente tra riso e commozione che rende “Florida” un film audace, capace di suscitare emozioni contrastanti e di far interrogare chi guarda sul reale statuto della verità, su ciò che davvero conta ai fini di una corretta interpretazione dell’esistenza, e tutta la batteria concettuale normalmente operativa viene neutralizzata da una comparazione che rivela la prossimità di un tempo e di un mondo situati accanto a quelli ufficiali. La frase dal film:
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