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04 Ottobre 2005 - Conferenza stampa
"La tigre e la neve"
Intervista a Roberto Benigni, Nicoletta Braschi e Nicola Piovani.
di Francesco Lomuscio
In quante sale verrà distribuito il film?
Roberto Benigni: Tutte quelle d'Italia (ovviamente sta scherzando), a parte una a Velletri e un'altra in provincia di Viterbo. Quelle non me le hanno volute dare, mi sono battuto fino in fondo, ma ci hanno messo un altro film, probabilmente di gente che paga. Comunque abbiamo pensato a tutto, abbiamo fatto pure le copie pirata, meglio di quelle che si trovano in giro, e provveduto a metterlo su Internet (ride).
Nicola, parlaci un po' della colonna sonora, come mai queste musiche così felliniane?
Nicola Piovani: A voi sembrano musiche felliniane? Io spero che questa musica sia benignesca. Questo film mi ha dato la possibilità di lavorare con la passione, poi tra i tanti regali ho trovato una meravigliosa canzone di Tom Waits che è nel sogno del film. Lavorare su quel materiale è stato un vero lusso.
Come è nata l'idea del film?
Roberto Benigni: Non avevo una vera e propria idea all'origine, ma soltanto un sentimento: avevo in mente un uomo buffo che trascorre la vita a mettere le parole in modo che se gli batte il cuore a lui lo deve far battere anche a chi lo ascolta. Fondamentalmente è una storia d'amore il cui sfondo è la guerra, evocata attraverso situazioni limite come quella del kamikaze imbottito di medicinali, quella del tip tap sulle mine, quella con gli americani ai posti di blocco ed il momento della morte dell'amico. Quest'ultima, forse, è la scena più evocativa del film, perché quando c'è la morte di una persona cara è come se morisse il mondo intero. Non è un discorso religioso, eversivo o rivoluzionario, sono italiano, quindi cattolico… cioè, più che altro sono cresciuto sotto il suono delle campane; il mio personaggio, infatti, si rivolge ad Allah, che in fin dei conti è lo stesso Dio dei cattolici, recitando il Padre Nostro, una preghiera che apprezzava perfino Maometto.
Possiamo considerare La tigre e la neve più un film di Roberto Benigni o di Vincenzo Cerami?
Roberto Benigni: Vincenzo Cerami ha dato senso alla mia idea iniziale, ma nel film c'è tutto quello che siamo riusciti a tirare fuori dalle nostre teste. Quando un regista si trova a fare anche lo sceneggiatore e il produttore, si vincono le primarie e si fanno film "ad personam".
Jean Reno, poi, ha accettato subito la parte quando gli ho raccontato la storia del film, non ha voluto neppure leggere il copione. E' un grande professionista, pensate che ha imparato l'iracheno, ripeto, non l'arabo, l'iracheno!
Il protagonista del film è coraggioso; cos'è per lei il coraggio?
Roberto Benigni: Bella domanda, difficile davvero, ci vuole coraggio pure a fare una domanda del genere (ride). Comunque, credo che il coraggio sia stato anche aver saputo fare un film di questo tipo: non lirico, ma intimo e che possiede una sua tragicità. Il coraggio è la più alta qualità dell'uomo, da esso nasce l'epica; in amore ci vuole coraggio. Ci vogliono Ulisse Garibaldi e Gasparri messi insieme e tutto il coraggio del mondo per innamorarsi (ride). Poi, il coraggio è anche quello di avere ancora da dire qualcosa su questa guerra, ingiusta come tutte le altre.
La pellicola verrà distribuita in Iraq?
Roberto Benigni: Spero proprio di sì. Le scene ambientate a Baghdad le abbiamo girate in Tunisia, con tanti consulenti iracheni che hanno mostrato molto interesse per la sceneggiatura. Quindi, faremo di tutto per farlo vedere alla popolazione.
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