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04 Ottobre 2005 - Conferenza stampa
"La tigre e la neve"
Intervista a Roberto Benigni, Nicoletta Braschi e Nicola Piovani.
di Francesco Lomuscio
In occasione della distribuzione cinematografica de La tigre e la neve, sua ultima fatica, l'attore-regista Roberto Benigni, accompagnato dal musicista Nicola Piovani e dall'inseparabile compagna di vita e lavoro Nicoletta Braschi, interprete e produttrice del lungometraggio, ha incontrato a Roma la stampa. Ovviamente, non ce li siamo lasciati sfuggire.
Roberto, perché hai scelto un poeta come protagonista principale de La tigre e la neve?
Roberto Benigni: Mi interessava mostrare il dramma visto attraverso i gli occhi di un artista, per mezzo della sua sensibilità di uomo ed intellettuale. Ho sempre pensato che un artista sia una specie di sonnambulo che, quando si risveglia, inciampa nelle sue stesse parole non sapendo che direzione prendere. Per questo ho pensato ad un poeta come personaggio principale.
Quindi, la poesia nel tuo film vorrebbe forse salvare il mondo?
Roberto Benigni: Certo, perché la storia è come un sogno, si capisce fin dall'inizio, con il matrimonio tra le rovine: lui in mutande che esprime tutto il suo amore alla donna dei suoi sogni. Le parole colpiscono come macigni e arrivano direttamente al cuore. Nel momento topico, però, ogni volta accade qualcosa che cambia tutto.
Cosa ci dici in riguardo ai volti dei poeti che s'intravedono nei sogni di Attilio?
Roberto Benigni: In qualche maniera sono i miti con cui Attilio è cresciuto, gli stessi con i quali ha raggiunto quella maturità intellettuale un po' folle che gli ha permesso di diventare a sua volta poeta.
Quindi, mi sono reso conto del fatto che quelle belle facce di Borges, Montale, Ungaretti e della Yourcenar, oltre a ricordare l'alta poesia, sono l'essenza stessa del sogno di cui parlavamo prima.
Il film sembrerebbe essere un omaggio alla vita e all'amore. Non hai il timore di essere "accusato" di troppo buonismo?
Roberto Benigni: Io lo definisco un film con l'anima perché è un apologo contro tutte le guerre. Non credo che sia un film buonista e non è neppure ideologico. Si tratta di un film che va' diritto al cuore, al nocciolo del nostro pensiero.
Nicoletta, cosa ci dici del tuo personaggio?
Nicoletta Braschi: Direi che Vittoria è una donna con una sua misura: a volte il suo sentimento trabocca, altre si trasformerebbe persino in ira, ma esiste una collusione tra lei ed il suo spasimante e lei sa che, se si mostra infuriata, lui riesce a disarmarla. E' un rapporto complesso, come tutti i rapporti d'amore, consapevoli o inconsapevoli.
Hai trovato difficoltà nel prepararti? Come ti trovi ad essere diretta da tuo marito?
Nicoletta Braschi: Beh, io sono un tipo che si abbandona del tutto al regista, mi lascio sempre dirigere, non solo da Roberto, divento uno strumento in mano al regista, perché penso che un film sia sempre suo, prima di tutto. Certo, essendo poi anche produttrice della pellicola è ovvio che di qualche affaruccio con Roberto ho dovuto pur discutere, ma si è trattato, comunque, soltanto di piccole proposte. E, semmai, il vantaggio di lavorare con mio marito è nel poter arrivare all'inizio della lavorazione conoscendo già il personaggio, pronta per affrontarlo. La parte veramente faticosa è stata quella relativa alla ricerca di effetti speciali che simulassero la vera guerra per le strade di una Baghdad ricostruita fra la Tunisia e gli studi di Cinecittà. Ci siamo serviti di tecnici che avevano lavorato con Steven Spielberg ed effetti digitali, per un totale di 40.000 fotogrammi e una durata complessiva di oltre 20 minuti.
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