La seconda parte del dittico è più calda e coinvolgente di "Flags", ma come l'altra è soprattutto onesta e scabra. Grande film. Non meno grande era stato anni fa Monicelli ne "La grande guerra".
Attraverso gli occhi impauriti del soldato Saigo, la parabola descrittiva si dipana in maniera perfetta, raccontando in maniera asciutta e con un incredibile senso orientale l'attesa tutt'altro che impavida del nemico. Eastwood sceglie la strada del flashback per raccontare il passato di alcuni dei protagonisti, mostrando a noi uomini veri, privi di fanatismo e con storie di affetti normali come tutti noi o come qualunque americano("Prima che leggessi la lettera di Sam credevo che gli americani fossero delle persone infami, invece hanno delle mamme come noi che ci aspettano a casa").
Il fanatismo e il senso del dovere viene mostrato in maniera lucida e senza enfatismi, il coraggio folle o ragionato dei kamikaze o del senso del servigio di antico retaggio era innegabile e sarebbe stato ingannevole non mostrarlo, ma ci vengono mostrati anche alti ufficiali che amano i loro uomini, non li vorebbero mai sacrificare senza senso e sono nonostante questo coraggiosi e pronti al sacrificio personale ("Io sarò sempre davanti a voi!"). Eastwood genialmente si avvicina alla storia con un senso orientale parametrabile al senso americano della prima parte del dittico, raccontando la storia in una maniera che avrebbe fatto molto piacere a Kurosawa, esplicando con precisione la gerarchia e mettendo come protagonista l'ultimo degli eroi che sul campo si dimostra sensato e ha la sua parte nel rendere l'iconografia del girato e del pensiero(strepitoso il pezzo del secchio pieno di escrementi che si ribalta, dove si vuol sottointendere che la cosa sta sfuggendo al controllo e le difficoltà sono insormontabili a ogni livello).
Parlando della fase iconografica vediamo come le rivalità della guerra sono solo dovute al periodo bellico, in fase post o pre ci sarà spazio sia per le riconoscenze e le onoreficenze, dimostrata con la medaglia alle olimpiadi del 1932, la cena dopo la collaborazione con dono della pistola in manico d'avorio, con la stretta di mano tra il soldato(zio)Sam e il gerarca nipponico.
Per non parlare della figura del soldato deciso a tutti i costi al sacrificio portandosi un carro armato con sè ma che alla fine dovrà arrendersi al concetto che un sacrificio inutile non vale poi molto di più di una resa con onore, dove anche i nemici hanno rispetto per la tua vita e diversamente da altri che hanno lasciato il campo non verranno comuqnue sacrificati in barba alle convenzioni di Ginevra. Eastwood con un incredibile coraggio cinicamente ci fa vedere una faccia dei soldati americani non pulita, pronti ad agire contro ogni logica umana.
Superparter fino in fondo come nel primo film, anche in questo riesce a conferire il giusto onore senza dimenticare il percorso infernale lastricato di difetti(le costrizioni ai soldati, le umiliazioni e le eccessive prove di fedeltà come quella del cane nel flashback), con un lavoro praticamente perfetto di correlazione tra il primo film e questo nei momenti salienti(la bandiera issata, l'attesa del primo fuoco).
Preferisco questo film al gemello Flags of our fathers. Qui vedo maggiormente compiuto lo spirito di questo racconto e poi vedere dalla parte dei Giapponesi la cosa è molto più entusiasmante, sia perchè loro difendono la loro terra, sia perchè conosciamo personaggi che cercano di rimanere vivi mentre i loro compagni cercano assolutamente la morte. Tra i Giapponesi e soprattutto nel loro Generale Kurybahiashi vedo il genio militare e l'abnegazione alla loro causa. Vedo la ferocia americana nell'uccidere soldati nemici che si arrendono e la loro pietà nel curare il soldato giapponese ferito. Insomma uno spaccato splendido che ci fa rivivere una storia importante ma per noi europei poco conosciuta.
Lettere da iwo jima rappresenta l'altra faccia della medaglia, da qualsiasi lato la si guardi... l'impero giapponese aveva da sempre improntato la societa' a dei rapporti rigidi tra le parti e l'esrcito ne era l'espressione massima... prepararsi consapevolmente all'invasione americana sapendo fin da principio di soccombere non li fa degli eroi, seppur qualche ufficiale e' alla ricerca di gloria, ma li rende umani, consci che se da una parte e' loro compito svolgere il proprio dovere di soldato fino in fondo, dall'altra sarebbe giusto andare oltre, verso "cio' che e' piu' giusto fare", come il ritornare a casa dalla moglie e dal bambino appena nato... le dinamiche tra i commilitoni, tra le prgevoli scene di battaglia, mostrano che il nemico non e' solo da una parte ma e' ovunque venga imposta una costrizione artefatta e negato un confronto, questo e' quanto ci ha mostrato un eastwood in grande forma!