11 Febbraio 2007 - Conferenza stampa
"Lettere da Iwo Jima"
Intervista al regista.
di Mauro Corso


Clint Eastwood, veterano del cinema e grande intrattenitore anche nelle conferenze stampa risponde volentieri a diverse domande su Iwo Jima, film speculare rispetto a Flag of our fathers.

In questo film guarda alla storia giapponese in modo molto rispettoso, come ha fatto a non guardarla con "occhi americani"?
Clint Eastwood: è semplice, ho cercato di mettermi nei loro panni. Ho approfondito la loro storia e ho cercato di immedesimarmi nella loro situazione. In fondo è una cosa che un attore fa sempre e che rientra nella natura del mestiere. All'inizio è stata una semplice curiosità quando stavo girando Flag: volevo saperne di più sui difensori dell'isola di Iwo Jima, volevo sapere quali fossero i sentimenti del generale Kuribayashi nei confronti della propria famiglia così come traspare dalle sue lettere, e poi il resto è venuto naturale come è stato naturale chiedermi come mi sarei comportato nella loro situazione.

Quali sono state le sue prime esperienze con il cinema giapponese?
Clint Eastwood: mi ricordo che a Los Angeles quando facevo l'università negli anni cinquanta c'era un piccolo cinema che faceva solo film giapponesi. Così conobbi i sette samurai, Rashomon, Yojimbo e diventai un fan di Kurosawa... beh tutti lo erano allora. Poi a Cannes ho avuto il privilegio di incontrarlo e per via delle fotografie di passare un po' di tempo con lui, ma non ho mai lavorato nel cinema giapponese, fino ad ora s'intende.

Come mai ha scelto Ninomiya per il ruolo di Saigo?
Clint Eastwood: avevamo un corrispondente giapponese ad occuparsi del casting, che raccoglieva i provini e li preselezionava. Ninomiya era venuto per un altro ruolo ma quando l'ho visto ho pensato che era perfetto per la parte di Saigo. In ogni caso questo corrispondente ha fatto un lavoro eccezionale e tutto il cast è ideale.

Come mai ha dedicato due film alla guerra del pacifico?
Clint Eastwood: l'interessamento è nato tramite la ricerca. All'inizio ero incuriosito dal libro di Bradley, che è anche una specie di libro giallo visto che un figlio cerca di scoprire cosa aveva fatto il padre durante la guerra. Andare a esaminare il lato giapponese della vicenda è stata - ripeto - la logica conseguenza. Poi mi sembrava una cosa da fare assolutamente, e anche una sfida... confrontarsi con una cultura diversa, ho imparato moltissimo da tutto questo. Imparo lentamente, ma poi la mia memoria funziona...!

Ha pronostici per la notte degli Oscar?
Clint Eastwood: no, non ne ho. Il film è andato bene in Giappone e sta andando bene negli Usa. E tanto mi basta.

Come sceglie le sceneggiature?
Clint Eastwood: è molto semplice ed umano: vedo se mi interessa o no. Pura inclinazione. Anche quando lavoravo come attore vedevo se un personaggio mi affascinava oppure no. Ora che sono passato dietro alla telecamera mi sono convinto ancora di più che visto che devo passare all'incirca un anno su una sceneggiature è meglio che mi piaccia!

Come mai ci sono pochi colori in Iwo Jima?
Clint Eastwood: si tratta di una scelta precisa che ho posto in essere già da quattro film, Mystic River e Million Dollar Baby compresi. In pratica si tratta di una tecnica che permette una desaturazione dei colori in modo tale da fare emergere in maniera più netta i neri. Credo che sia anche una questione di gusto personale: la guerra in Technicolor per me non riesce ad avere le atmosfere giuste, sarà che sono cresciuto con film degli anni quaranta in bianco e nero. Però ci sono delle differenze. in Flag c'è una desaturazione maggiore nelle scene di guerra e molto minore nelle parti in cui i protagonisti tornano alla civiltà. Ho fatto qualcosa di simile in Iwo Jima, specialmente nei flashback dei personaggi durante i ricordi della vita da "civili".

Ci sono dei critici che sostengono che Iwo Jima appartenga al filone della peggiore propaganda dai tempi di Tokyo Road...
Clint Eastwood: beh sono degli idioti (ride)... o più semplicemente non hanno visto il film, succede più spesso di quanto di possa immaginare.

Ci sono legami con la realtà di adesso?
Clint Eastwood: se fai un film di guerra è difficile che non vengano fatti paragoni con quello accade nella realtà contemporanea. Ogni guerra ha dei tratti simili ad altre guerre del passato e del presente. Ma non sono stato influenzato da quello che accade ora, ho solo seguito la storia. Del resto non si può neanche dire che il mio film sia favorevole alla guerra. Quello che mi interessava era mostrare gli effetti di un conflitto sugli individui e vedere come la guerra abbia un impatto che elimina il concetto di nazionalità. Tutti a casa soffrono allo stesso modo per la perdita di un amato morto in battaglia. Inoltre al di là di ogni propaganda c'erano buoni e cattivi su tutti e due i fronti. Allora la propaganda insegnava ai giapponese che se cadevano prigionieri gli sarebbero capitate cose orribili, per questo preferivano togliersi la vita. Ma anche la propaganda statunitense inculcava ai propri soldati idee simili.

La lingua giapponese è stata un problema?
Carolina Crescentini: nonostante avessimo un ottimo interprete direi che non è stato un problema. Dagli attori si può percepire immediatamente il livello emotivo e capire se le cose stanno andando bene o male.

Cosa vuol dire per lei "Eroismo"?
Carolina Crescentini: è quello che succede a gente comune quando meno se lo aspetta, ed è una cosa che può accadere in guerra. Molto più spesso le persone comuni rimangono paralizzate di fronte al pericolo, ed è una reazione comprensibilissima. Però generalmente chi riesce a reagire dopo non si sente un eroe. Bradley in un certo senso era un eroe, aveva avuto la massima onorificenza dalla Marina degli Stati Uniti, ma quando una volta tornato in patria è stato trattato come una star ne è rimasto sopraffatto.

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