Non necessariamente credo un film debba essere profondo per essere godibile e apprezzabile, per questo "la partita" mi è piaciuto. Ne ho apprezzato l'atmosfera malinconica, la delicatezza dei sentimenti non esternati con clamore, la magistralità di un interprete come Turturro, la sobrietà nella descrizione di una passione , come quella per gli scacchi, a me ignota ma che non per questo mi è risultata estranea. Non ho letto il libro di Nabokov, ma credo che il film non gli rechi oltraggio, anzi lo esalti nella resa degli ambienti e nell'eleganza dei protagonisti.
Le stelline sono due, ma solo perche' voglio sinceramente bene a Turturro e alla Watson. In realta', da salvare in questo noiosissimo film c'e' ben poco: la vicenda del "genio e sregolatezza" trasandato e mezzo matto che stupisce il mondo con le sue incredibili capacita' innate, e che riesce cosi' a far breccia nel cuore della donna, pur da tutti corteggiata, stanca un po', quando a raccontartela sempre allo stesso modo e secondo i medesimi stereotipi e' il quarantesimo film! Dalla regista dell'interessantissimo "L'albero di Antonia" era non solo lecito, ma doveroso attendersi molto di piu'.