La partita - La difesa di Luzhin
Alexander Luzhin ha sempre vissuto tra gli scacchi, fin da bambino trasforma quel gioco in un rifugio per sfuggire alla sofferenza per il fallimento dell'unione dei suoi genitori e in seguito per la morte della madre. Manifesta in quel gioco doti straordinarie, rivelandosi prodigiosamente un campione fin dagli inizi: dietro i re, le regine, i cavalieri, le torri e gli alfieri disposti strategicamente sulla scacchiera, nell'ossessione di tattiche costruite con intelligenza e attenta riflessione, l'adolescente prima e l'uomo adulto poi, nasconderanno la propria vita priva d'amore e affetto, lasciando la mente libera di giocare pericolosamente sui limiti della follia.
Nathalie è invece una donna aristocratica esule russa con la famiglia che vorrebbe per lei un matrimonio che le conservi tutti i vantaggi del suo lignaggio.
Due personaggi agli antipodi che riescono inaspettatamente ad incontrarsi e ad innamorarsi.

La storia si svolge negli anni venti in una non precisata località italiana vicino ad un bellissimo e malinconico lago. Luzhin nei rari momenti in cui si accorge del mondo che lo circonda riesce ad innamorarsi perdutamente di Nathalie dichiarandole immediatamente l'intenzione di sposarla. Inizialmente turbata e anche imbarazzata dall'assurdità della proposta la giovane donna non riesce però a restare indifferente: sarà proprio la curiosità nei confronti di un uomo decisamente non convenzionale, che balla da solo sotto la pioggia e sempre con un pezzettino di carta e una matita tra le mani, nell'eterna ricerca della giusta tattica di difesa, che la spingerà ad avvicinarglisi.
Nonostante la forza del suo amore Nathalie non riuscirà a prendere in mano le redini della vita di Luzhin, ad impedire una nuova ricaduta nella depressione che latente lo ha seguito fino a quel giorno, aspettandolo più debole per vincerlo.

Una storia per alcuni versi superficiale che non affronta veramente né il mondo degli scacchi, se non attraverso dei luoghi comuni, e né la nascita di un amore fuori dall'ordinario, di cui non si riesce fino alla fine a comprendere quali siano le basi su cui si poggia e cosa lo alimenti.
È indubbio però che le stranezze, le incertezze, tutte le ansie e la profondissima e invalicabile solitudine che attanagliano Luzhin trovano un interprete più che eccellente in John Turturro. Riesce in maniera eccezionale a mantenere l'equilibrio sul sottilissimo filo che divide il tragico dal grottesco, riuscendo in questo modo a far sorridere e a commuovere senza il bisogno di forzature.
Emily Watson nei panni della non più giovane aristocratica gioca ad essere il contraltare della follia di Luzhin e senza mai accentuarla troppo, la sottolinea: con altrettanta maestria gioca sulle corde del sentimento e della commozione lasciando trasparire in alcuni fugaci momenti la tragicità dell'epilogo.

La regista de "L'albero di Antonia" e di "Mrs. Dalloway" mostra ancora un volta la sua passione per la grande letteratura, adattando l'omonimo romanzo di Vladimir Nabokov.
È sempre un rischio, soprattutto con scrittori di questo calibro la cui ricchezza e forza sta non solamente nella parola o nella bella frase ma, a dirla come Martin Amis "nel piacere intellettuale legato all'immaginazione e all'estetica" che purtroppo non sempre riesce a realizzarsi sullo schermo.

Valeria Chiari

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