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MineLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato30 settembre 2016Voto: 7.5
Fabio Guaglione e Fabio Resinaro sono i registi di “Mine”, pellicola che si avvale di interpreti internazionali, tra i quali emerge Armie Hammer (l’abbiamo visto in “Operazione U.N.C.L.E.” e di recente in “Animali Notturni”) nel ruolo del protagonista. Ambientato in Afghanistan, il film è incentrato su un soldato che - di ritorno al campo base dopo una missione, inavvertitamente poggia il piede su una mina antiuomo. Non può più muoversi, altrimenti salterà in aria. In attesa di soccorsi per due giorni e due notti, dovrà sopravvivere non solo ai pericoli del deserto, ma anche alla terribile pressione psicologica della tutt'altro che semplice situazione. Siamo sicuri che sia tutto qui o c’è dell’altro dietro a tutto ciò?
Molti si chiederanno se fosse il caso di realizzare un lungometraggio basato interamente su un uomo che calpesta una mina e come sia possibile riuscire a mantenere l’attenzione del grande pubblico per un lasso di tempo di circa 1 ora e 45 minuti in questo modo. Ebbene, possiamo dire che i due registi hanno osato e vinto questa sfida. La pellicola, infatti, racchiude in sé particolari in grado di coinvolgere lo spettatore dall’inizio alla fine. Questo grazie non solo a una narrazione ben delineata e dal ritmo serrato (talvolta lento, ma adeguato al tipo di storia raccontata), ma anche all’attenzione ai dettagli sia dal punto di vista degli avvenimenti, sia da quello psicologico che ne deriva. Dal film, che si avvale di una colonna sonora suggestiva, ben pensata e opportunamente usata in base ai momenti che si presentano, emerge la volontà dei due registi di andare oltre al dramma che sta vivendo Mike, di indagare per capire cosa realmente lo blocchi. Il problema è davvero la mina? O a frenarlo dal muovere il piede è qualcosa di più profondo, qualcosa che si cela nel suo animo o non cenna ad allontanarsi? L’intero progetto ruota attorno a questa domanda, anche se non sarà difficile per lo spettatore intuire dove il film voglia andare a parare. Più volte, infatti, viene ripetuta la stessa frase e da ogni singolo personaggio presente nella trama. Ci chiediamo, dunque, se fosse così necessario ribadirlo più volte o se il progetto, in questo modo, abbia perso un po’ dell’imprevedibilità che lo caratterizzava all’inizio. Nonostante ciò, la pellicola non ha perso colpi, ma anzi ha reso bene il messaggio di fondo che Guaglione e Resinaro volevano veicolare attraverso di esso: bisogna sempre andare avanti, lasciandosi il passato alle spalle, o meglio, cercando di accettarlo. Perché solo così il passato può essere considerato tale e si può sperare in una vita migliore, libera da tutto quel male che non gli lascia tregua e non gli permette di essere felice e costruirsi una vera famiglia. Quanto può limitare una persona la paura? A colpire, infatti, non è solo l’interpretazione di Hammer, ma anche tutti i segni che durante il suo ‘viaggio’ gli vengono mostrati. Gli stessi che lui non riesce a cogliere, dimostrazione di un blocco interiore che non gli permette di guardare più in là del suo naso. L’intera situazione, infatti, può essere considerata una metafora della sua esistenza: rimanere fermo sulla mina o provare a salvarsi? A rendere la pellicola più apprezzabile è l’uso di flashback che ripercorrono l’infanzia e la gioventù del ragazzo, permettendo così al pubblico di avere una visione chiara di quanto accaduto nel suo passato e di entrare in empatia con il personaggio principale. Armie Hammer, reduce dal successo di “Animali Notturni”, ha dimostrato di poter portare sulle proprie spalle tutto il peso di una pellicola senza risultare mai fuori parte. E’ un grande passo avanti per un attore che, almeno al momento, è poco conosciuto. L’attore è stato in grado di esprimere le sue emozioni (paura, angoscia) e la tensione fisica e psicologica (stanchezza, pazzia) a cui era sottoposto il suo personaggio con una naturalezza quasi surreale. Il pubblico, conscio della difficile prova di resistenza che attende l’uomo, non potrà fare altro che tifare per lui, il quale proverà a combattere con tutte le sue forze per tornare dall’amore della sua vita, unica sua certezza e punto di riferimento. Ad avere un ruolo rilevante nel film è la pazzia, dovuta allo sforzo fisico e al caldo del deserto, che porterà Mike ad avere molte allucinazioni (l’amico appena morto, la moglie, il ritorno del padre... Con quest’ultimo si assisterà ad un vero e proprio confronto diretto), alcune delle quali troppo surreali per apparire credibili, ma volte comunque a far riflettere lo spettatore. E’ d’obbligo menzionare Tom Cullen nei panni dell’amico e collega di Mike, morto a causa di un’altra mina, Geoff Bell nel ruolo del padre di quest’ultimo e, soprattutto, la prestazione di Clint Dyer. L’attore regalerà emozioni uniche e sorprendenti, grazie a una storia originale e ben descritta che provocherà non poche lacrime. Consigliamo il film, caratterizzato da pochi dialoghi come è facile immaginare, ad un pubblico adulto e giovane in quanto alcune scene sono troppo forti per essere mostrate ai bambini. La frase dal film:
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