Il resto di niente
Eleonora Pimentel de Fonseca è uno di quei nomi ( e cognomi ) che troppo spesso rimane nell'archivio della memoria, persi magari in qualche vago ricordo scolastico insieme ad altri illustri rivoluzionari, come Masaniello o, perché no, il trio Saffi-Mazzini-Armellini.
Ma dietro a quel nome e cognome c'è ovviamente una storia, quella di una donna piccola e minuta ma intellettualmente forte, una letterata di origine portoghese nata a Roma che si troverà con i suoi compagni ad entrare in un'altra storia, quella della Repubblica Napoletana del 1799.
Una storia troppo breve, come d'altra parte breve è stata tutta l'esperienza delle repubbliche napoleoniche in Italia, soffocata nel sangue dal ritorno al potere dei Borboni a cui Enzo Striano, fra realtà ed invenzione, aveva dedicato il suo romanzo "Il resto di niente".
Antonietta De Lillo, insieme alla sceneggiatore Giuseppe Rocca, parte dalle pagine del libro per costruire il il suo film con l'intenzione di mettere "la macchina da presa al centro di un'anima di una donna, per registrare dolori, speranze e passioni di un'intera esistenza" proprio mentre quest'esistenza sta per finire e il patibolo aspetta Eleonora.
Ne viene fuori una pellicola di ispirazione letteraria forse troppo "dialogata" ma di grande fisicità teatrale ( interni, luci drammatiche, tensione dilatata, cartoni in sovrimpressione a mo' di scenografie mobili ) quasi a contrapporsi al mondo iperuranico dei rivoluzionari fatto di Idee e di Filosofia, un mondo che però li porterà al fallimento, troppo lontano dalla realtà napoletana.
Il resto ( questa volta non di "niente" ma di tutta la pellicola ), lo fa la ricostruzione storica e l' attenzione cinematografica della regista agli incastri dei flash-back e al grottesco che anima i visi dei personaggi ( compreso Enzo Moscato che in un cammeo fa Filangieri ), a cominciare da quello della brava Maria de Medeiros che interpreta Eleonora e che con i suoi occhioni irregolari sembra un E.T. ante-litteram, una vera e propria "marziana" del settecento che non accetta una società di soprusi e si chiede come sia possibile un mondo nuovo e la felicità per tutti.
E che si chiede anche come parlare al popolo e il popolo che lingua parli e se voglia veramente la rivoluzione o è solo un elitè illuminata a volerla per lui.
Tutte domande che ci facciamo ancora oggi.
Mentre non possiamo farci e non ci faremo mai le domande che nel finale Eleonora si fa mentre va incontro alla morte senza paura e si interroga se della "sua" Rivoluzione e delle sue lotte le sia rimasto veramente qualcosa oppure niente.
O meglio, come dicono a Napoli, "il resto di niente".
Max Morini
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