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La città proibita
Negli ultimi anni Zhang Yimou sta alternando film di stampo rurale a film ambientati in epoche storiche molto lontane, estremamente sontuosi dal punto di vista scenografico e coreografico, con abiti sfarzosi e una particolare attenzione per i colori, a questa categoria appartiene "La città proibita". A differenza di "Hero" e "La foresta dei pugnali volenti" qui non siamo in presenza di un wuxiapian in senso classico, perché la componente marziale viene messa in secondo piano rispetto all'intrigo di corte, insomma siamo più vicini ad una tragedia shakesperiana che a "La tigre e il dragone".
Ambientato nel decimo secolo, durante la tarda dinastia Tang, il film mostra con grande maestria la vita all'interno del palazzo imperiale, dove un esercito di persone perfettamente organizzate, meglio di una catena di montaggio, adempie ai propri doveri quotidiani. Impressionanti le scene di apertura dove centinai di persone si devono preparare per l'imminente arrivo dell'imperatore, ogni gesto è scandito secondo un rituale meticoloso. Al vertice di questa piramide i membri della famiglia imperiale, divorati da un odio profondo che cercano di annientarsi a vicenda, con complotti, sotterfugi e ricatti.
Tutta l'azione si consuma alla vigilia delle festività del Chong Yang, una festa che ricorda e celebra gli antenati, i crisantemi dorati sono il simbolo di questa celebrazione. L'oro dei fiori viene utilizzato tanto per i costumi così ricchi ed elaborati da lasciare senza fiato, quanto per gli ambienti, lo sfarzo della corte è impressionante, gli ambienti sono caratterizzati da un lusso ostentato, sfarzoso, esagerato. Ma come la bond girl di "007 - Missione Goldfinger", l'oro soffoca e questi ambienti tanto ricchi si rivelano solo una claustrofobica prigione, non diversa da quella di "Lanterne rosse".
Il film è visivamente abbagliante, meravigliose le scene di massa, sia quelle iniziali che tutta la parte finale dove migliaia di guerrieri in armatura dorata attaccano il palazzo imperiale, ma ancor più impressionanti le scene in cui altrettanti inservienti portano via i cadaveri della battaglia e risistemano tutto per l'imminente celebrazione. Purtroppo la parte centrale si rivela troppo distante dal gusto occidentale per appassionare, tutta concentrata sulla figura dell'imperatrice e sugli intrighi di palazzo.
Bravissimi i due attori protagonisti, Chow Yun-Fat è un imperatore cinico, crudele e indecifrabile, mentre Gong Li riesce ad alternare momenti di disperazione ad altri di terribile durezza.
La frase: "Ciò che io non ti do, tu non lo puoi prendere con la forza"
Elisa Giulidori
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