C'è chi dice no
L’Italia non è un paese per...meritevoli.
E’ una realtà ormai diffusa da anni nella società italiana, caratterizzata, come tutti sanno, dalla piaga sociale delle "raccomandazioni" o "segnalazioni". Un mercimonio sempre esistito, che fa la sua comparsa in bella vista ogni giorno fra i titoli dei giornali, tanto che forse si è giunti alla rassegnazione? Tante persone seppur meritevoli vedono passare avanti persone immeritevoli, solo perché sono "figli di...", così la vita passa studiando e lavorando e non si ritrovano nulla in mano. E’ questo il tema centrale di "C’è chi dice No", una commedia di carattere sociale che con allegria racconta la rabbia sorda di tanti "nessuno", ma stavolta la rivolta prende il posto della rassegnazione, la "Vendetta" nei confronti del raccomandato che ha sabotato la loro vita. I protagonisti sono tre ragazzi ex compagni di scuola che si rendono conto di essere perseguitati da un nemico comune: i raccomandati. Max (Luca Argentero) è un giornalista di talento in un quotidiano locale, che scrive anche su riviste improbabili per poter arrotondare lo stipendio e, proprio quando sta per essere assunto, si vede scalzare il posto dalla figlia di un famoso giornalista. Irma (Paola Cortellesi) è una stimata dottoressa che vive grazie a delle borse di studio, ma non riesce ad ottenere il contratto perché le viene preferita la fidanzata del primario. Samuele (Paolo Ruffini) è un avvocato specializzato in diritto penale che passa la vita a fare da assistente-schiavo ad un barone universitario, sperando di riuscire a vincere il concorso da ricercatore, peccato che l’agognato posto venga affidato all’inconcludente genero del barone di turno, in questo caso interpretato da uno straordinario Giorgio Albertazzi.
Stanchi di essere messi da parte, di vedere il loro talento bloccato, di sentirsi umiliati e sconfitti ben sapendo che fuori non c’è "nulla" per loro, ecco che decidono di fondare il movimento "I pirati del Merito" e, scambiandosi i raccomandati, cominciano a perseguitarli con scherzi e minacce: stalking.
Con toni caustici, brillanti, irriverenti e a volte politicamente scorretti il regista Avellino squarcia il velo della rassegnazione, dando vita ad un gioco un po’ sadico teso alla vendetta contro chi ha la raccomandazione, al grido: "Chi ti ruba il merito, non ti ruba solo il lavoro: ti ruba la vita". Già perché avere il "calcio" blocca inevitabilmente il talento degli altri. Traendo spunto dal titolo della canzone di Vasco Rossi, il film risulta ben equilibrato nel suo insieme, divertente, allegro e capace di far ridere e far partecipare emotivamente il pubblico, che forse almeno una volta nella vita ha desiderato "farla pagare" al "qualcuno" di turno, ma improvvisamente proprio verso il finale, c’è una battuta d’arresto. Il tono scherzoso e "satirico" cambia a favore di un registro diverso, inconcludente e più bonario, che crea uno stacco molto forte lasciando l’amaro in bocca. Sembra mancare il coraggio per l’atto finale perfido e ironico, contemporaneamente malinconico, tipico dei grandi maestri come Scola, Monicelli e Risi. Non è certo un finale lieto, ma ha dentro di sé uno spirito troppo buonista, che manca di mordente, tanto da cambiare improvvisamente l’impianto propositivo fino ad allora seguito. Il messaggio di cambiamento del sistema sembra essere surclassato dall’idea che è inutile ribellarsi, l’unico modo per vivere e vedere riconosciuto il proprio talento è andare all’estero, perché qui non c’è speranza. E’ inutile ribellarsi al sistema perché è troppo radicato, perché l’omertà e l’interesse vincono su tutto e tutti.

La frase: "Ma perché questa putt... è venuta qui a Firenze a fare il concorso invece che andare a fare i soldi in America?".

Federica Di Bartolo

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