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Baby Driver - Il genio della fugaLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio26 luglio 2017Voto: 7.0
Il fatto che il veterano della macchina da presa Walter Hill presti la propria voce (almeno nella versione originale) alle interpretazioni di ciò che dice il sordomuto Joseph incarnato da CJ Jones, conferma ulteriormente il pensiero che il sesto lungometraggio cinematografico concepito dall’inglese Edgar Wright intenda apparire in qualità di omaggio al suo classico “Driver, l’imprendibile”, risalente al 1978.
Del resto, come lì avevamo Ryan O’Neal nei panni di un esperto guidatore di auto utilizzato dalla malavita per sfuggire alla polizia dopo ogni colpo, l’Ansel Elgort di “Colpa delle stelle” ricopre qui l’analogo ruolo di Baby, poco propenso alla loquacità e costretto a mettere le proprie invidiabili doti di asso del volante al servizio del boss Doc, cui concede anima e corpo il vincitore del premio Oscar Kevin Spacey. Doti che, per essere il migliore in campo, sfoggia affidandosi, contemporaneamente, alla sua musica preferita, imbarcandosi in azioni criminali al fianco della coppia diabolica formata da Buddy e Darling e dello psicopatico Pazzo, ovvero Jon Hamm, Eiza González e un Jamie Foxx magnificamente cattivo. Tutti personaggi che non avrebbero affatto sfigurato all’interno di un fumetto, tanto che viene quasi voglia di associarli a determinati individui spaziali appartenenti alla combriccola dei Guardiani della galassia portati sullo schermo da James Gunn, il cui stile poco si discosta da quello del collega britannico che ci ha regalato, tra gli altri, “L’alba dei morti dementi” e “Scott Pilgrim vs. the world”. Una similitudine sicuramente dovuta al forte legame che entrambi vantano con la celluloide strettamente di genere ed appartenente ai b-movie, spesso tutt’altro che priva dell’indispensabile ironia che, anche in questo caso, svolge il suo fondamentale compito. Perché, sebbene il lato action dell’operazione sguazzi con notevole senso dell’intrattenimento tra frenetici inseguimenti su quattro ruote, lamiere contorte, cadaveri lasciati a terra e scontri a fuoco opportunamente corredati di liquido rosso schizzante, non mancano neppure una gag con maschere di Mike Myers e un’altra in compagnia di un bambino all’interno di un ufficio postale nel corso della oltre ora e cinquanta di visione. Oltre ora e cinquanta fornita di un nostalgico retrogusto – nonostante la moderna ambientazione – grazie alla presenza di audiocassette, telefoni cellulari startac e registratori tascabili; mentre il protagonista trova anche il tempo di intraprendere una relazione sentimentale con la cameriera Debora alias Lily James, mettendone in serio pericolo la vita. E, come un po’ tutta la sceneggiatura, a firma dello stesso Wright, è un epilogo nient’affatto banale a chiudere un tanto serrato quanto divertente già cult dell’azione in fotogrammi, il cui unico neo potrebbe essere rappresentato dalla eccessivamente invasiva colonna sonora di vecchi pezzi... dalla scatenata “Neat neat neat” dei Damned alla romaticissima “Baby I’m yours” di Barbara Lewis, passando per la strumentale “Let’s go away for awhile” dei Beach boys. La frase dal film:
“Sai perché lo chiamano Baby? Non ha ancora iniziato a parlare” I FILM OGGI IN PROGRAMMAZIONE: In evidenza - Dal mondo del Cinema e della Televisione. |
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