Sole a catinelle

"Baby Driver - Il genio della fuga"

Intervista a Kevin Spacey.


di Francesco Lomuscio20 Agosto 2017



"Ora credo di essere molto interessato nel ricostruire una carriera cinematografica per me, perché, quando mi sono trasferito a Londra per dirigere un teatro, sono uscito dalla vista e, quindi, dalla mente di tante persone e di Hollywood. Quello che voglio ora è essere una parte importante del racconto di una storia. Amo questo film, trovo che Edgar sia un regista molto sveglio, brillante e divertente, adoro il suo modo di usare la musica. Poi, questo era il ruolo giusto per me". Due volte vincitore del premio Oscar, parla alla stampa romana Kevin Spacey, il quale è approdato nella capitale per presentare il "Baby driver - Il genio della fuga" che, diretto da Edgar Wright e in arrivo nelle sale cinematografiche italiane il 7 Settembre 2017, lo vedrà nei panni del boss Doc, al cui servizio si pone un giovane asso del volante amante della musica e in possesso delle fattezze di Ansel Elgort.


In che modo Doc è diverso dai precedenti bad guy interpretati da Kevin Spacey?
Kevin Spacey: Io quei personaggi non li giudico cattivi, non posso, il mio lavoro non è giudicare, ma recitare. Io interpreto una persona, il cattivo non è una cosa che si può recitare. Io recito una persona, quello che dice, che pensa e che fa, il resto non è il mio lavoro. Certamente, il pubblico è molto attratto da personaggi complessi, machiavellici, antieroi. Questo è stato vero nel cinema e nella tv per molti anni, ma soprattutto negli ultimi venti, direi dai tempi dei "Soprano".

Come attore, è più interessante e stimolante interpretare un basista di rapine in banca, un politico corrotto o un grande personaggio a teatro?
Kevin Spacey: Rispondere è molto difficile, perché è come fare un confronto tra le arance e le mele (ride). Se proprio dovessi fare un paragone, direi che, se queste arance e mele sono nel teatro, io sono la persona più felice del mondo.

Quali sono i modelli di attore e persona seguiti da Kevin Spacey?
Kevin Spacey: Ho avuto la fortuna di avere una madre grande amante del teatro e del cinema e che, quindi, mi ha fatto conoscere una varietà incredibile di talenti che poi sono diventati i miei modelli. Cito Henry Fonda, Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Rosalind Russell, Cary Grant, James Stewart e Bette Davis, ma la lista è molto lunga. Ho poi avuto la fortuna di conoscere Jack Lemmon quando ero molto giovane, ci ho lavorato quattro volte ed ha avuto una grande influenza su di me. Ma citerei anche Joseph Papp, direttore del New York Shakespeare Festival, che è stato uno dei primi registi a battersi per me.

Kevin Spacey ha mai conosciuto il suo doppiatore italiano Roberto Pedicini, che è anche la voce di Jim Carrey?
Kevin Spacey: Una volta, al Festival di Berlino, durante una festa ho incontrato un signore che, molto eccitato di conoscermi, mi ha detto "Io sono te, faccio la tua voce in tutti i tuoi film in Germania, come pure quella di Robert De Niro e Sean Connery". Allora, gli ho detto "Quindi, se io faccio un film con De Niro e Connery, tu doppi tutti e tre". Non ho conosciuto questo doppiatore italiano, ma farò in modo di non girare mai un film con Jim Carrey (ride).

C'è una tipologia di ruoli che Kevin Spacey non prende in considerazione?
Kevin Spacey: Le uniche parti che non voglio accettare sono quelle scritte male. Io non mi censuro per nessun tipo di ruolo. Spesso le persone credono che noi attori scegliamo i ruoli, ma non funziona così. Io posso solo interpretare le parti che mi vengono offerte e quelle che io, magari, in quel momento sono libero di poter fare. Io sono aperto a tutti i tipi di ruoli, l'unica cosa che veramente mi spaventa è la stupidità, non ho paura di nient'altro.

Durante le riprese di questo film avete recitato a tempo di musica...
Kevin Spacey: Quando abbiamo letto la prima volta la sceneggiatura, abbiamo ascoltato tutte le musiche della colonna sonora. Edgar ha scelto la musica prima di girare il film, quindi alla lettura l'avevamo già tutta. È stata una lettura molto sexy, piena di energia e di ritmo. In alcune scene, invece, Edgar voleva proprio che noi seguissimo fisicamente il ritmo della canzone, quindi avevamo delle cuffiette e seguivamo il tempo fino a quando cominciava il dialogo, poi la musica si fermava ed era come una specie di danza.

Parliamo dell'esperienza di produttore in serie come "Manhunt: Unabomber"...
Kevin Spacey: La cosa che più mi piace del fare il produttore è l'essere un facilitatore, nel senso che metto insieme le persone scegliendo chi potrebbe essere il giusto regista, il giusto attore, il giusto sceneggiatore. E mi piace vedere la cosa che prende forma, poi dai fiducia alle persone che hai chiamato e le lasci andare. Anche "Manhunt: Unabomber" è stata una bella esperienza.

Dal marito che si masturba in doccia al politico amorale, quale è stato il ruolo più difficile da interpretare?
Kevin Spacey: Mi piace il modo in cui lo descrivi, la masturbazione è stata piuttosto difficile (ride). Trovo sia molto sciocco, per un attore, dire quanto sia difficile una performance, perché non lo è, ma è dannatamente divertente, è un piacere, è una gioia. Come mestiere, per campare, io devo fingere, quindi, insisto, non è difficile. Una volta, in teatro, ho fatto un monologo in cui un personaggio racconta che il padre lo aveva mandato a dieci anni a lavorare sulle patate in una giornata caldissima. Quindi, è stato ore ed ore a girare la terra per le patate e, a quel punto, ha deciso di fare altro, dedicandosi agli studi di legge. E da quel giorno non ha più lavorato un solo giorno in vita sua.

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