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Un'ottima annata - A good year
Il timing, i tempi giusti. Questo è l'ingrediente essenziale affinché una commedia possa davvero ritenersi riuscita: lo svela il grande vecchio Albert Finney, in un piccolo ma prezioso cammeo, al suo caro nipotino Freddie Highmore in "Un'ottima annata- a good year". Insegnamento applicato alla lettera dal regista Ridley Scott nel film che regalerà al pubblico italiano per il prossimo Natale. E si tratta di un regalo davvero notevole, perché " A Good Year", una buona annata, è una commedia romantico esistenzialista di pregevole fattura, da gustarsi in totale relax, con lo stesso piacere con cui magari si sorseggia lentamente un bicchiere di buon vino, di buona annata appunto.
Già nel precedente "Il genio della truffa" l'autore di "Alien" si era avventurato nel per lui inusitato terreno della commedia, e qui il risultato conferma come, dal film storico (Il pluripremiato "gladiatore") alla fantascienza( "Blade Runner"), dal pamphlet bellico ("Black Hawk Down") al road movie femminista ("Thelma & Louise"), la parola eclettismo faccia decisamente parte del suo vocabolario.
Basato sul romanzo di Peter Mayle, " A Good Year" si avvale di un plot narrativo che procede per tappe più che prevedibili (e perché mai non dovrebbe, visto che siamo dalle parti del pure entertainment?): il cinico ricco protagonista per una serie di fortunosi eventi è costretto a ri-prendere in considerazione tutta una parte di sé, la migliore peraltro (Il fanciullino di "Pascoliana" memoria!), dopo che questa con gli anni era stata sopraffatta dalle dure regole che lo spietato mondo degli affari impone. Involontariamente, ma sarebbe meglio dire inconsciamente, si riappropria del suo mondo perduto, e compie il classico iter di maturazione interiore che lo porterà infine a vedere tutta la sua esistenza sotto nuovi occhi. Ovviamente sotto il segno di un ritrovato codice etico, ovviamente sotto il segno di un amore imprevisto (ma solo per lui) che non può non regalare il più classico dei classici appassionato bacio finale.
Dunque nulla di nuovo sotto il sole, se non fosse che a costituire merce ahimè rara sia la scoppiettante vivacità dei dialoghi (alcune battute sono da antologia) e che l'accuratissima sceneggiatura sappia dispensare con ancor più rara finezza il giusto equilibrio di risate, commozione e, perché no, riflessione, dato che per quasi due ore ci si interroga su cosa davvero conta nella vita, per cosa e per chi vale davvero la pena lottare. Due ore che passano piacevolmente su binari ben oliati, dove tutto funziona alla perfezione, dall'ambientazione provenzale, da cartolina e ruffiana quanto vuoi ma irresistibilmente romantica, al cast.
Russell Crowe conferma le sue doti di istrione, aggiungendo alla sua vasta ed eterogenea galleria di personaggi una performance da applauso col ritratto ben cesellato del broker goffamente vignaiolo, ma è l'affiatato contorno di comprimari a regalare al pubblico un sapore di rassicurante coralità, proprio come in quelle belle commedie di una volta, quelle di buona annata appunto.
La frase: "Non andare a Roma.. ci sono più turisti che piccioni!"
Stefano Del Signore
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