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Thirteen Days
Tredici sono i giorni che, nell'ottobre del 1962, tennero in sospeso la nazione americana e tutto il resto del mondo. Quella che venne in seguito definita come Crisi Cubana portò vicinissimo il rischio di un conflitto nucleare tra USA e URSS che avrebbe avuto conseguenze inimmaginabili. Il 16 ottobre il Consulente Nazionale per la Sicurezza McGeorge Bundy presentò all'allora presidente americano J.F. Kennedy, una serie di foto scattate da aerei spia U-2 che mostravano come i sovietici avessero installato una base missilistica sull'isola di Cuba.
L'escalation degli eventi di quei giorni fu allarmante e i personaggi pubblici più importanti vi si trovarono tutti coinvolti.
Il regista di "Tredici giorni", Roger Donaldson non racconta questo avvenimento da un punto di vista solo pubblico, seppur lui stesso da ragazzo, in Australia, abbia condiviso le ansie e le preoccupazioni di tutti: ma è anche, e sopratutto raccontato a partire dalla Stanza Ovale della Casa Bianca, dove regnò la vera e intima tensione dei tre protagonisti più importanti di tutta la vicenda: J.F. Kennedy, suo fratello Bob, allora Procuratore Generale e Kenneth O'Donnell, Segretario Particolare del Presidente. È soprattutto attraverso lo sguardo di quest'ultimo, interpretato da un buon Kevin Costner, che si sviluppa il "dietro le quinte" della storia. O'Donnell fu uno dei più fidati consiglieri del Presidente e la sceneggiatura di David Self è stata costruita anche sulle interviste del Segretario rilasciate a Sander Vanocur, famosissimo corrispondente della NBC, che seguiva gli avvenimenti della Casa Bianca dei Kennedy.
Si sviluppa in questo modo, all'interno dell'episodio storico, una storia più intima, in cui uomini di grande potere, le cui azioni potevano segnare non solo il proprio paese ma anche tutto il resto del mondo, cercarono di mediare e trovare una via d'uscita camminando sul filo sottile che divide forza, diplomazia e compromesso. L'evidente esaltazione dell'umanità di Kennedy che pervade ogni scena del film, trasforma l'uomo, indubbiamente dotato di intuizione politica e sentimento umanitario, in un cavaliere senza macchia e, seppure gli sono concessi timori e paure è solo per renderlo ancor più affascinante e grande. Tra manovre nascoste, lotte di potere e le azioni quotidiane di ognuno dei protagonisti politici della Crisi, si snoda il racconto che si trasforma a tratti in thriller, per la suspence di alcuni momenti, per passare poi di colpo al tipico film d'azione, tra voli acrobatici degli aerei militari americani in perlustrazione che sfuggono rocambolescamente ai razzi lanciati contro di loro.
Più ancora dei due Kennedy domina incontrastata la figura lealissima di O'Donnel/Costner, vero mediatore nei retroscena della Casa Bianca. Lo spettatore guarda infatti ai due Kennedy, ottimamente interpretati da Bruce Steenwood (JFK) e Steven Culp (Bob) - che hanno tra l'altro dalla loro anche un ottima somiglianza fisica - con gli occhi di questo americano intelligente onesto, pacifista e solidale, in lotta contro i cattivi per salvare tutti i buoni.
La retorica non manca mai nei film Made in USA, e questo, più americano degli americani non poteva esserne certo privo. Ma la storia è comunque avvincente e coinvolgente e si possono facilmente sopportare quei pochi minuti di buonismo e auto-incensazione, per conoscere sotto una luce diversa un episodio della storia non solo americana.
Valeria Chiari
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