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The Kingdom
La partenza è di quelle che gasano. Un rapido montaggio di immagini e didascalie sulla storia dell'Arabia Saudita e del suo rapporto con il mondo occidentale, in particolare con gli Stati Uniti d'America. I titoli di testa si chiudono con un'informazione che fa tanto "Syriana": Arabia Saudita primo produttore al mondo di petrolio, Usa primo consumatore. Inizia il film e anche il prologo lascia di sasso, sgomento. Un attentato a Ryad che lascia il segno. Un bel punto di partenza per un film che potrebbe essere qualsiasi cosa: dramma, denuncia, thriller, action. Tra le tante strade possibili, il soggetto scritto da Michael Mann (che figura anche tra i produttori) le percorre tutte e nessuna. Se da una parte a giovarne è la fluidità del racconto, dall'altra la perdita è nell'autorialità/originalità. A parte il finale, che tende a rendere speculari gli atteggiamenti dei due raggruppamenti contendenti ("Fbi e polizia saudita" e "terroristi) poco e nulla c'è di critica o rilettura politica del tutto. C'è indagine, ma è limitata ad una scoperta (la barella ciò che ne consegue) e ad un paio di collegamenti fra persone abbastanza semplici. C'è un accenno di critica sul tema delle collaborazioni tra forze dell'ordine, ma dura il tempo di pensarci e di chiacchierare con il Principe arabo, dopo di che investigare in Arabia Saudita diventa come farlo negli States. C'è il tema della donna sesso non sempre gradito, ma si perde presto .C'è azione e suspanse, ma è concentrata nell'epilogo e non ha la forza visiva (tanto per fare un esempio a caso) di Michael Mann. La regia di Peter Berg non è male, ma non sembra abbia colto le potenzialità del digitale o la lezione sull'oggigiorno cinema di guerra che ha tentato di fornire Alfonso Cuaron con" I figli degli uomini". C'è la fotografia nitida e la macchina a mano, manca però il realismo. I due premi oscar Jamie Foxx e Chris Cooper fanno il loro, senza particolari spicchi. La parte non li richiedeva. Gli esterni sono stati girati negli Emirati Arabi: una scelta imprescindibile, e a suo modo storica.
Il film è buono, sia chiaro. Si segue e qualche spunto lo lascia, soprattutto grazie all'epilogo, ma in questo momento in cui si sperimentano nuovi linguaggi (soprattutto col cinema d'azione) e il quotidiano (inteso come geopolitica) viene finalmente affrontato dal grande schermo, qualcosa in più era lecito aspettarselo.
La frase: "Nel momento in cui capisci che la tua vita finirà comunque, importante diventa decidere come andarsene, se in piedi o in ginocchio".
Andrea D'Addio
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