30 agosto 2002 - Conferenza stampa
Steven Soderbergh
Intervista al regista di "Full Frontal"
di Valerio Salvi
Perchè ha deciso di raccontare un tema così ricorrente come le storie d'amore con un taglio così documentaristico, e quanto c'è di autobiografico?
No, non è assolutamente autobiografico, anche se la maggior parte dei registi a questa domanda risponderebbe affermando che c'è qualcosa di loro in ogni personaggio. La scelta di uno stile così particolare, invece, è nata dal mio desiderio di far notare la confusione che regna tra la realtà e l'irrealtà nella cultura americana. Molti dei confini tra la fiction e la realtà non sono più così netti nell'immaginario collettivo, soprattutto per il pubblico che vede molta televisione. Io non so se la gente vada al cinema per riflettere o per evadere, ma so che tutto quello che vedi è fiction, anche un documentario.
Questo film è una sorta di valvola di sfogo dopo "Ocena's 11"?
Assolutamente no! Io i film li faccio per me stesso. Tra l'altro lo avevo pensato già prima di "Ocean's" ed era pronto prima dell'uscita di quest'ultimo, poichè di solito le mie pellicole escono quasi un anno dopo che le ho finite di girare, ed io sono già altrove con la mia testa. Gli spettatori spesso non sanno come si realizza un film e cosa pensano gli artisti.
Che significa il titolo "Full Frontal", so che l'ha cambiato?
Il titolo, come per "Sesso Bugie e Videotape", una dichiarazione diretta su ciò che si vuole esprimere: in pieno viso! Questo è il concetto. La mancanza di maschere che nascondono gli attori, la voglia di mettere a nudo la realtà. Purtroppo in America ha evocato l'immagine sbagliata. I titoli dei film sono una questione molto delicata che può influire pesantemente su l'esito finale di una pellicola.
Che cosa le ha lasciato questo film?
Il lavoro che ho fatto con gli attori. Ho cercato di trovare una maniera diversa di collaborare con loro; io non voglio mai interferire con la loro recitazione, a meno che non mi accorga che ci sia un reale problema. Devo dire che non dirigo mai in maniera troppo stretta i miei attori, anche perchè penso che le scelte fondamentali di un regista debbano essere nella fase di "casting". Fatto un buon casting non ci sono più problemi, hai chi vuoi per ciò che ti serve. Io in questa pellicola li ho responsabilizzati molto; di solito l'attore non conosce chiaramente tutto il progetto, che invece è nella testa del regista, qui non è così. Sanno tutto e hanno scelto i loro costumi, il loro trucco. Si sono sentiti diversi, più naturali. Volevo che il loro lavoro di preparazione fosse parte della loro "performance". Ad esempio in "Solaris" [il nuovo film - n.d.a.] cercavo l'attrice principale ed ho deciso di fare delle interviste simili a quelle di "Full Frontal", anzichè dei veri e propri provini. Proprio grazie a questa intervista ho scelto la mia attrice [Natasha McElhone].
Cosa prevedono i suoi progetti futuri?
Intendo terminare il montaggio di "Solaris", poi mi prendero' un anno di riposo e si vedrà.
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