03 Settembre 2005 - Conferenza stampa
"Hans"
Intervista al cast ed al regista.
di Erika Melis


Nell'area dedicata agli eventi della 62° Mostra del Cinema di Venezia, per il settimo anno consecutivo gli incontri della manifestazione aperta al pubblico Venezia Off ospitano attori e registi che presentano le loro opere. La giornata di sabato ha visto come protagonista Louis Nero che ha presentato la sua ultima fatica "Hans", terzo film di una trilogia dedicata allo studio del linguaggio cinematografico. Alla presentazione partecipavano, oltre lo stesso regista, anche Franco Nero interprete di ben due ruoli (il barbone nella prima parte del film e il giudice nella seconda), Daniele Savoca attore protagonista, Simona Nasi attrice protagonista e Tiziano Lamberti autore delle musiche. Il film è stato introdotto dal commento del critico cinematografico Gregorio Napoli che non ha lesinato complimenti al giovane regista per la sua perizia con la macchina da presa che con la sua tecnica esclude tutto quello che è inutile, assumendo in questo modo una dimensione narrativa, e si spinge fino a definire "Piano sequenza", il secondo film della trilogia, un miracolo italiano. Ha sottolineato anche la sua passione per il cinema e la sua cultura cinematografica che si evidenziano poi nei suoi lavori. Ha inoltre commentato la grande interpretazione di Franco Nero nei suoi due ruoli, dolorosa e drammatica quella del barbone e fondamentale per la comprensione del film quella del giudice, e il carisma e l'espressività del giovane attore Daniele Savoca. Dopo la positiva presentazione del critico Gregorio Napoli sono partite le domande:

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Franco Nero ha interpreto nella sua carriera molti ruoli differenti e si è cimentato in tanti generi cinematografici. Come è passato da un personaggio all'altro? Qual è il processo?
Franco Nero: La mia carriera è stata un po' tutta così. Ho avuto la grande fortuna di vivere in Inghilterra grazie a mia moglie, Vanessa Redgrave, e ho avuto la fortuna di essere amico dei più grandi attori inglesi, tra cui Lawrence Oliver. Lawrence una volta mi disse che con il mio fisico avrei potuto fare sempre il protagonista, l'eroe, però sarebbe stata una carriera monotona perché avrei dovuto fare un film l'anno, commerciale, sempre lo stesso personaggio e augurarmi che avesse tanto successo. Per cui avrei dovuto scegliere se fare la star oppure fare l'attore, rischiare cambiando ogni volta personaggio divertendomi. Mi disse anche che ci sarebbero stati alti e bassi ma poi avrei avuto i miei frutti. Mi sono cimentato in tutti i generi, penso di essere l'unico attore italiano che ha lavorato in tutti i generi cinematografici. Ho fatto commedie musicali, western e tanti altri e mi sono sempre divertivo rischiando molto, e molti mi dicevano che ero pazzo. Io rispondevo che questo era il cinema, che si doveva cambiare in continuazione. Per me il cinema è come una grande città dove vivono persone di diverso colore e diverse razze e ognuno ha la sua casa e suoi sogni. Penso che il cinema esisterà finché la gente continuerà a sognare. In più il cinema vuol dire libertà infatti nei paesi in cui non c'è libertà non c'è il cinema. Ho sempre rischiato molto, però, ora che ho una certa età e ho fatto quasi 160 film, sono molto soddisfatto del lavoro che ho compiuto. Quando ho incontrato Louis Nero mi è rimasto molto simpatico e ho letto il suo copione. Lui mi ha proposto la parte del giudice, ma non era abbastanza. Io gli ho fatto una controproposta, ossia quella di fare un'operazione più completa e allora parlando ci siamo inventati questo ruolo del barbone. In questo modo interpreto due ruoli completamente opposti. Uno dei quali ho voluto fare perché io ho avuto sempre una grande simpatia per i barboni sin dall'infanzia e per fare un certo discorso politico, perché il monologo del film è fatto ad un piccione bianco quello che dico è talmente forte che è bella questa contrapposizione tra le parole e il candore del piccione. Parlo dei manicomi, da bambino andavo in un paesino vicino dove c'è il manicomio e ho visto delle cose tremende e ho sempre avuto questo incubo in tutta la mia vita e allora ho pensato che fosse il momento giusto per fare in un film questo tipo di discorsi. Non so come l'ho fatto perché il film ancora non lo ho visto ma sono sicuro che Louis ha fatto un bel film. Sono venuto volentieri a promuovere il film quando Louis me l'ha chiesto anche perché io stesso sono padre di un giovane regista che ha fatto un film che si intitola "Fever" interpretato da Vanessa, Angelina Jolie, Michael Moore ed altri che sono andati praticamente gratis pur di fare questo film che è un grande messaggio contro la povertà.

Allora Louis diversi temi sono venuti fuori su questo film, interessante anche il rapporto tra sceneggiatura e girato, la prima versione della sceneggiatura è stata modificata chissà quante volte e la cosa interessante è il passaggio tra l'invisibile e la sua traduzione nell'area del visibile. Ci puoi dare una chiave di interpretazione?
Louis Nero: Bisogna fare una premessa, ossia che è il terzo film di una trilogia incentrata sul linguaggio cinematografico. Prendere come tema principale la pazzia per il mio terzo lavoro, visti i precedenti, era sicuramente il modo migliore per avere delle libertà creative che avessero una vicinanza con il contenuto stampato. Quindi lo studio al personaggio di "Hans" è la genesi della sceneggiatura che ho scritto tanti anni fa, quando avevo 17 anni fa, è stata rielaborata cambiata e dopo tanto tempo siamo riusciti a produrre il film e a portarlo sullo schermo. Ho cercato di far sentire le sensazioni non usando parole o situazioni ma l'inquadratura per suscitare emozioni. Ossia per far sentire la paura faccio un'inquadratura che esprima paura e non una situazione paurosa. E' proprio un lavoro sul linguaggio.



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