Hans
Louis Nero continua a stordire e a rendere perplessi.
Di sicuro non è il coraggio che gli manca, e ancora ricordiamo quel "Pianosequenza" (opera girata in un'unica pianosequenza digitale) che ha diviso la critica.
Hans, insieme a "Pianosequenza" e "Golem", termina il percorso di questo giovanissimo regista alla scoperta e analisi del linguaggio cinematografico in tutte le sue forme.
Questa volta (e ormai in questa edizione del Festival di Venezia ci siamo abituati), è un viaggio mentale tra le paranoie allucinogene.
Ma al contrario di quanto si potrebbe pensare, Hans, in rapporto a Pianosequenza e Golem, segue una struttura più "normale", narrativamente molto più lineare e fluida.
Questa volta il giovane Nero vuole dare priorità ai livelli di significazione e mettere l'estetica esplicita e diretta in un secondo piano.
Il tutto viene filtrato attraverso il protagonista principale, un anti-eroe che in qualche modo denuncia sé stesso, come persona razzista e violenta.
Quello che interessa al regista è un'indagine psicologica introspettiva sulla società (non solo attuale), e in qualche modo usa il suo personaggio come metafora di questa società che vuole denunciare.
Hans è razzista perché la società di oggi è razzista. E non è assolutamente celata, anzi, basta guardarsi intorno (o ancora meglio, guardare sé stessi) per rendersi conto di questa drammatica realtà.
Hans è violento perché la società di oggi è violenta. Di quella violenza che disturba lo spettatore, perché in fondo, anche senza ammetterlo, si riconosce in questo personaggio così scomodo.
In questo senso, se i precedenti film di Nero urlavano contro il Cinema post-moderno con un anti-conformismo inquietante, Hans sembrerebbe abbracciare l'ideologia post-moderna, nel cercare a tutti i costi di rispecchiare (attraverso la critica) il protagonista del film con la società e il pubblico cinematografico attuale.
Di certo quel che Nero non ha ancora perso è quella presunzione che fin dagli inizi ha attirato l'ira degli spettatori. In fondo ancora un regista immaturo, riesce però a confezionarci ancora una volta un film interessante, considerando anche la giovanissima età. E non sarà un caso se tra una ventina d'anni Nero possa realmente essere definito un "Maestro del Cinema Italiano".
E' un regista che ha il coraggio di imboccare strade spesso opposte. Questa si chiama militanza. Ed è quello che noi vogliamo, oggi: Militanza.
La frase: "Lunghi viaggi e percorsi onirici ci conducono nuovamente a percorrere il nostro incubo".
Pierre Hombrebueno
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