26 Novembre 2009 - Intervista
"Amabili resti"
Intervista al regista e alla protagonista.
di Francesco Lomuscio

Abbiamo incontrato a Roma Peter Jackson e Saoirse Ronan, rispettivamente regista e protagonista di "Amabili resti", tratto dall'omonimo best seller di Alice Sebold.


Per determinate riprese sappiamo che ha utilizzato una particolare microcamera…
Peter Jackson: Viviamo in un'epoca nella quale i giovani possono tranquillamente girare un film che poi potenzialmente può essere distribuito, perché queste camere hanno costi bassi. Io stesso sono diventato così un cineasta, giravo con la super8 dei miei genitori, però era un'esperienza molto limitata, mentre le camere di oggi hanno una qualità talmente elevata che le esperienze sono illimitate. L'idea di dover usare camere da 200000 dollari e il 35 millimetri credo stia scomparendo molto rapidamente, infatti le stanno sostituendo con quelle digitali piccole da 5000 o da 3000. Quindi, ciò elimina la necessità di avere un grande budget per fare cinema, ma non credo che il 35 millimetri non sia più una parte fondamentale di esso. Ormai esistono minuscoli dispositivi che possono essere integrati con l'attrezzatura che si usa; la telecamerina che ho usato è una piccola scatola di plastica con delle lenti e dei piccoli fili, è molto semplice. L'ho vista per la prima volta in un programma televisivo sulla natura, posta su una canna da pesca per riprendere l'interno della bocca di un coccodrillo.

Saoirse, lavorare con Peter Jackson ti ha creato problemi?
Saoirse Ronan: No, non è mai stato problema, mi sarebbe sempre piaciuto essere stata scoperta da una persona come Peter, una persona genuina, autentica. Mi piace il modo in cui lavora, non ho mai lavorato con un regista come lui, non ho mai visto le tecniche che usa, mi accompagnava in tutte le scene ed era un ottimo ambiente, in movimento costante ma molto rilassato.

Come conoscevi Peter Jackson? Quali suoi film avevi visto?
Saoirse Ronan: Un po' come tutti, avevo visto la trilogia de "Il Signore degli anelli", "King Kong" e, recentemente, "Creature del cielo", che mi è piaciuto molto. Comunque, lo conoscevo, sapevo che era un regista geniale.

Quali sono le attrici a cui t'ispiri?
Saoirse Ronan: Credo che siano in realtà i registi con cui lavoro ad ispirarmi, ma, chiaramente, amo Meryl Streep, Susan Sarandon e grandi donne come loro.

Quali differenze hai riscontrato tra il lavorare con Joe Wright in "Espiazione" e con Peter Jackson in "Amabili resti"?
Saoirse Ronan: Ogni regista è diverso, chiaramente, l'esperienza è diversa in ogni film. Sono entrambi dei personaggi straordinari, Joe è una persona molto emotiva, riesce ad arrivare all'essenza della storia, anche all'aspetto del romanticismo e a quello artistico, mentre Peter è più visivo, più coinvolto fisicamente, ti dice quali sono le soluzioni fondamentali da seguire e ti permette di aggiungere quello che tu hai da offrire. Hanno in comune l'amore per la musica, anche se Peter credo ami solo i Beatles (ride). Ascoltavamo musica tutto il giorno, soprattutto in "Amabili resti", e a me piace ascoltare la musica.

Come mai in "Amabili resti", ma anche un po' in tutto il cinema internazionale attuale, si parla di perdono?
Peter Jackson: Domanda interessante. Non so cosa dire, non ho un'opinione in riguardo, mi avvicino a questo tema in rapporto alla storia che voglio raccontare. Sicuramente è uno degli aspetti morali di "Amabili resti", insieme alla vendetta, la giustizia. Anche se la società ti delude, ci piace pensare che esista comunque nel mondo una sorta di giustizia naturale, una punizione da una forza più ampia della polizia.

Parliamo della visionaria rappresentazione dell'aldilà…
Peter Jackson: Come regista bisogna guardare alla storia e fornire quello che la storia richiede. Qui si parla dell'aldilà, non dell'Inghilterra Vittoriana, che tutti sappiamo come era, quindi diventa un'interpretazione personale. Abbiamo deciso di lavorare attraverso la psicologia della protagonista, perché Alice Sebold, nel romanzo, dice che la versione in ognuno di noi di questo mondo di mezzo, questo limbo in cui si trova Susie, è diverso, non è come una location, un ambiente specifico condiviso da tutte le persone che muoiono, dipende da chi sei stato in vita e da quali sono i tuoi pensieri. Per esempio, il gazebo è una metafora della sicurezza, della famiglia, mentre il faro rappresenta la morte.

Quali saranno i prossimi progetti di Peter Jackson?
Peter Jackson: Sto sviluppando un paio di film sui quali lavorerò da regista, ma non posso parlarvene perché non sono stati ancora annunciati. Io e la mia partner Fran Walsh, con la quale vivo e lavoro da venticinque anni, sviluppiamo i progetti tra di noi, senza parlarne ad altri; di solito, nell'industria cinematografica ci si mette in contatto con lo studio che poi ti paga per farti sviluppare il progetto che presenti e sono loro ad averne il copyright, quindi c'è tutto un processo che bisogna attraversare. A noi non piace lavorare così, vogliamo restare indipendenti, scriviamo la sceneggiatura da soli e nessuno ci paga per farlo, perché appena uno studio inizia a pagarti ti pone anche delle scadenze e si aspetta che il progetto venga ultimato entro un certo limite. Poi, sto anche lavorando come produttore su "The Hobbit", diretto da Guillermo del Toro, e "The adventures of Tintin: The secret of the Unicorn", la cui regia è di Steven Spielberg, un giovane con molto talento, che sono sicuro avrà un'ottima carriera e che sono contento di poter aiutare ad affermarsi nel cinema (ride). E' veramente un'esperienza straordinaria quella di lavorare con Steven, perché è un po' come lavorare con Babbo Natale, qualcuno con cui si è cresciuti; ha ancora un aspetto infantile, un po' come il mio, è pieno di entusiasmo per il cinema, non è cinico, non è stanco ed è come un ragazzino che parla costantemente di idee. Una presenza veramente interessante e stimolante.

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