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Parlami d'amore
Prima dei titoli di testa, accompagnati dalla storica “For what it’s worth” dei Buffalo Springfield, assistiamo allo scontro notturno tra due automobili i cui rispettivi conducenti finiscono per prendersi cura di una bastardina rimasta coinvolta nell’incidente.
Lei, francese che ha passato la quarantina e risposatasi in Italia dopo la morte per suicidio del marito, è Nicole, con il volto di Aitana Sánchez-Gigón (“Io non ho paura”); lui, venticinquenne cresciuto in una comunità di recupero per tossicodipendenti, è Sasha, interpretato dallo stesso Silvio Muccino (“Che ne sarà di noi”) che, fratello del noto regista Gabriele, esordisce qui dietro la macchina da presa, portando sullo schermo proprio “Parlami d’amore”, romanzo scritto insieme a Carla Vangelista.
Immersa nella bella fotografia di Arnaldo Catinari (“Come te nessuno mai”), prende quindi forma una storia di educazione sentimentale che vede la donna impegnata nell’insegnamento della seduzione al ragazzo, segretamente innamorato della coetanea Benedetta, cui concede anima e soprattutto corpo Carolina Crescentini (“Notte prima degli esami oggi”).
Un agglomerato di celluloide che, a partire dall’incontro di due solitudini, tira in ballo non pochi argomenti, dalla droga alla febbre del gioco a carte, passando per i contrasti tra diverse classi sociali e senza dimenticare colte citazioni cinefile (si va dalla visione de “L’Atalante” in un cinema a evidenti omaggi kubrickiani, tra un occhio truccato in stile “Arancia meccanica” e una festa in maschera che richiama “Eyes wide shut”), al solo fine di comunicare che non esiste donna che non possa essere conquistata.
Peccato, però, che, accanto a una manciata di dialoghi ridicoli, sia proprio questo eccesso di carne al fuoco a rappresentare il principale difetto della pellicola, ulteriormente appesantito dalla piattezza con cui Muccino jr tende ad amalgamare il tutto, nonostante la riuscita di alcuni momenti (si veda il romantico ballo sulle note di Chet Baker).
E, mentre sullo schermo sfilano nomi del calibro di Max Mazzotta (“Arrivederci amore, ciao”), Giorgio Colangeli (“Cardiofitness”) e un’insignificante Geraldine Chaplin (“Il dottor Zivago”), a fare stancamente da traino provvedono note canzoni buttate qua e là (“Sunny” di Bobby Hebb e “Believe” dei Chemical brothers nel mucchio), testimoniando più di ogni altra cosa che il volenteroso Silvio, il quale non ci risparmia grotteschi isterismi, non solo avrebbe potuto affidare la parte del protagonista a qualcun altro, ma farebbe anche meglio a prendere ripetizioni di tecnica cinematografica dal fratello, nella speranza di farci assistere prima o poi a una più coinvolgente opera seconda.
La frase: "La seduzione è un’arma sottile, che parte da lontano".
Francesco Lomuscio
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