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La pianista

Opinioni presenti: 55
Media Voto: Media Voto: 7 (7/10)

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Stupendo

(10/10) Voto 10di 10

Film veramente ben fatto! Crudo, intenso. Non per tutti sicuramente.



Ila, 32 anni, Milano.




Applausi

(10/10) Voto 10di 10

Stavolta su Haneke mi tocca "pensare positivo". Dopo aver visto e personalmente stroncato altri suoi lavori questo film invece mi "riconcilia" con il controverso regista austriaco. La storia che è stata descritta nei numerosi commenti positivi, è una storia di solitudine,di malattia, di perversioni, di disadattamento, ma anche di profonda ricerca di amore che non sia quello possessivo e intransigente come a volte si rivela quello materno. I tre attori protagonisti direi che sono stati bravissimi e intensi e menzione particolare alla, putroppo scomparsa, Annie Girardot nel ruolo perfetto della vecchia madre nevrotica,possessiva e diciamo pure un po' arteriosclerotica :) . E stavolta il "solito" finale troncato alla Haneke non disturba ne insinua dubbi nello spettatore ma è la ciligina sulla torta di quest'opera giustamente premiata a Cannes nel 2001. Voto 10



massimo, 43 anni, treviso.




Molto forte, consigliato a chi sa apprezzare

(9/10) Voto 9di 10

Leggendo alcune opinioni ho notato il ricorerre dell'aggettivo "grottesco" con riferimento al film: consiglio sinceramente di rivedere il significato ed etimologia di tale termine perchè a mio parere nulla ha a che fare con questo film! Io lo definerei piuttosto crudo, intenso, psicologico, realista. Tutti abbiamo delle perversioni (o atteggiamenti che si discostano dalla "linea di normalità" dettata dalla società)quelle di Erika non dovrebbero risultarci dunque inverosimili ma profondamente umane..queste pulsioni però occupano un ruolo determinante nella vita della protagonista, una donna repressa, affetta da disturbi psicologici e sociali che il regista indaga sapientemente facendo immedesimare lo spettatore con lei, Erika, facendoci percepire intimamente il suo disagio e facendoci provare persino vergogna e imbarazzo per lei...Non credo che il regista volesse far parlare di sè scandalizzando il pubblico (notare l'assenza di nudi e volgarità)ma intendesse piuttosto ritrarre il personaggio con realismo estremo così da indurci a riflettere sulle perversioni dell'animo umano e la loro costante (o frequente) negazione e repressione.



Ilaria, 21 anni, Brindisi (BR).




non è "il solito"

(8/10) Voto 8di 10

Senza fregiarmi del titolo di grande esperto di cinema e rispettando ogni opinione,a chi spenderà qualche minuto del proprio tempo per leggere questo commento,voglio solo esprimere che l'idea di cinema come puro intrattenimento-ahimè,quella più largamente diffusa-non coincide con quella che mi sono fatto di quest'Arte.Senza negare la leggerezza-purchè sia fatta con intelligenza-credo che un film con una retorica che spieghi tutto,con un finalino edificante e che non lasci spazio a dubbi,riflessioni o perplessità,che non sappia mettere alla prova l'attenzione dello spettatore o non ne provochi addirittura reazioni negative,non risponda all'idea di cinema come arte,cosa della quale sono convinto.Alcuni dei film che ho visto non li rivedrei perchè mi hanno disturbato a tal punto da non desiderare di vederli nuovamente,ma questo non significa che non li abbia amati,o almeno che non abbia apprezzato il coraggio del regista nel mettere sullo schermo storie poco"usuali",se confrontate con il clichè di sceneggiature che spesso,troppo spesso,vengono fabbricate con lo stampo.E'sacrosanto che a volte si ha il sano bisogno di vedere raccontata una vicenda che si concluda con un epilogo positivo,ma è l'insistere sempre su questa strada che a volte irrita veramente...certi finali forzatamente felici..a volte il cinema ci deve ricordare che oltre uno schermo c'è la vita,e quel pezzo di vita in quel momento ci è entrato su quello schermo..e possiamo anche immaginare che quella vita solo raccontata continui,come la vita reale.Meglio lo shock all'indifferenza,comunque.Il cinema può essere "anche" intrattenimento,ma spesso riesce ad essere molto di più.Come nel caso di questo film.Inoltre la musica è bellissima.Perchè perdere un'occasione anche per rimanerne turbati?Senza dubbio questo regista ha qualcosa da dire,ma il bello è che il resto lo lascia dire agli spettatori... un artista si può riconoscere anche dal saper fare questo.



Loris, 33 anni, Paese (TV).




Tutto sul alcune madri

(8/10) Voto 8di 10

Tra tutti i commenti è sfuggito il personaggio che è stata la causa principale della nevrosi di Erika: la madre. L’incipit iniziale è duro e senza mezzi termini. Il rientro a casa di una donna matura (Erika) e la madre (interpretata magistralmente dalla Girardot) che trasmette in maniera quasi ossessiva le sue paure e repressioni alla figlia. Già dalla prima scena vien da urlare, suggerire al personaggio Erika di scappare da questa situazione, di salvarsi abbandonando questa figura al suo destino. Non avverrà mai, e questa figura (triste e pesante) accompagnerà Erika in tutte le sue esperienze (il senso di essere la migliore – vedi il dialogo su Schubert che non deve essere insegnato più di tanto alle allieve- il concerto a casa di privati, la scarna e falsa vita mondana, i rapporti che intende instaurare all’esterno) fino all’epilogo drammatico del tentativo goffo e grottesco di amare la madre, di ottenere quella briciola di amore da suo carceriere. La madre è la principale causa delle nevrosi di Erika, il suo destino che ella accetta, supinamente, e senza ribellarsi. A contro bilanciare questa nevrosi, vi è la l’altra facci ai di Erika, quella dell’insegnante inflessibile, rigidissima e completamente priva di emozioni, sia di trasmetterle che di darne. Quando una sua allieva, brava ma emotiva, riesce a scalfire con la musica quella scorza di durezza apparente –nella scena Erika capisce che sta cedendo al suo ruolo perché le scappano delle lacrime – ella la punisce nel peggiore dei modi: rende inutilizzabili le sue mani per suonare al pianoforte. Questo gesto vigliacco e la chiave di lettura per il giovane studente di ingegneria che si era innamorato di lei. Egli capisce la vera fragilità di Erika e, invece di punirla, si lancia ad amarla. Poi si racconterà tutta la storia drammatica di questo amore perverso e intenso, nel quale Erika prima rifiuta e poi si lascia trascinare per poi rifiutarlo, all’epilogo delle violenza carnale nella sua casa, nuovamente. Erika sceglie di non vivere, ossia di amare non la vita, la sua vita, ma quella che la madre, repressa e totalmente priva di qualsiasi dote intellettuale, le ha pianificato. Sicuramente il film fornisce più di uno spunto di riflessione. Interessante sicuramente è l’influenza che certe forme di educazione oppressive possono avere sulla psiche umana e sul destino di ognuno.



Armando, 47 anni, Roma.





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