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Men in Black 3











Con abbondante semina di cadaveri e perfino accenni a contenuti di carattere sessuale, già durante i titoli di testa l’evasione del pericolosissimo e mostruoso alieno Boris l’Animale alias Jemaine Clement, arrestato quarant’anni prima, conferisce al secondo ritorno sullo schermo degli ultratecnologici cacciatori di extraterrestri in nero – tratti dai fumetti di Lowell Cunningham – i connotati a cui il regista Barry Sonnenfeld ci aveva abituati con i precedenti due tasselli, rispettivamente datati 1997 e 2002.
Quindi, i connotati di un fanta-blockbuster a stelle e strisce adatto sì a tutta la famiglia, ma non privo di violenza e di elementi di derivazione tipicamente trash; come riconferma anche la divertente sequenza ambientata all’interno del ristorante cinese, in un certo senso vicina a quella che si svolgeva nella macelleria, tra carni varie resuscitate, nel dimenticato "Sbirri oltre la vita", firmato nel 1988 da Mark Goldblatt.
Ma, senza ombra di dubbio, il plot al servizio di questo terzo capitolo (primo girato in 3D) non può fare a meno di presentarsi come una vera e propria variante dello script che fu alla base del secondo "Ritorno al futuro"; dal momento in cui l’agente J, come sempre con le fattezze di Will Smith, si vede costretto a tornare nel 1969 per impedire al citato Boris di uccidere il collega K, cui concede ancora una volta anima e corpo Tommy Lee Jones, sostituito nella sua versione giovanile dal Josh Brolin candidato all’Oscar per "Milk". E, accanto al protagonista de "La ricerca della felicità", quest’ultimo sembra trovarsi perfettamente a proprio agio; mentre, sorvolando sugli elogi ai mai disprezzabili effetti speciali e su un 3D discretamente sfruttato, si procede tra ironiche frecciatine a Mick Jagger e Andy Warhol e la colonna sonora si popola di vecchie hit del calibro di "Strange brew" dei Cream e "I’m waiting for the man" dei Velvet underground.
Per circa 105 minuti di visione che, forse un po’ troppo sbrigativi nel corso della loro spettacolare fase finale, in fatto di intrattenimento riescono comunque nell’impresa di risultare, fortunatamente, più vicini al gradevolissimo capostipite che al pessimo e inutile "Men in black 2".
Senza celare neppure troppo, tra un fotogramma e l’altro, la fondamentale importanza dei ricordi.

La frase:
"Riscriviamo la storia, K, ti va?".

a cura di Francesco Lomuscio

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