L'ultima porta
I trailer che circolano ce lo propongono come un horror agghiacciante, ma "The Lazarus child" (sorvoliamo sul titolo italiano), tratto dall'omonimo romanzo di Robert Mawson e diretto dallo specialista del piccolo schermo Gram Theakston, qui alla sua prima prova cinematografica, se in un primo momento può apparire come un thriller a tinte soprannaturali, si rivela essere appartenente a tutt'altra tipologia di spettacolo man mano che i fotogrammi scorrono.
Quindi, per l'appassionato del genere che ha dato notorietà a personaggi come Dracula o Freddy Krueger, la delusione è dietro l'angolo; ma, al di là di questa precisazione, vediamo di individuare quali siano i reali pregi e difetti della nuova produzione di Ciro Dammicco e Bruce Harvey.
Si comincia dalla dottoressa Elizabeth Chase, con il volto di Angela Bassett, direttrice del Perlman Institute di Banff, tra le montagne Rocciose Canadesi, che, nota per aver tirato fuori dal coma molti giovani pazienti, non riesce nell'impresa di salvare il figlio del Senatore Willis, il quale, interpretato dal Robert Joy de "La terra dei morti viventi" (2005) e "Le colline hanno gli occhi" (2006), finisce per desiderare fortemente che lei paghi per l'accaduto.
Quindi, mentre si mira alla chiusura della Clinica Perlman, nella vita di Lizze Chase entrano i piccoli Ben e Frankie Heywood, cui concedono anima e corpo Harry Eden (visto, tra l'altro, nell'Oliver Twist polanskiano) e Daniella Byrne (qualcuno la ricorda nella mini-serie "Zivago"?), figli dei coniugi Jack e Alison, rispettivamente con le fattezze di Andy Garcia e Frances O'Connor, in via di rottura a causa di una scappatella di lui avvenuta sotto l'effetto dell'alcool.
La bambina, infatti, investita da un fuori strada, cade in uno stato di coma vegetativo, mentre il fratello, traumatizzato per aver assistito all'incidente e schiacciato dal rimorso di essere in qualche modo responsabile delle sue condizioni, si ritrova con i capelli privi di pigmento e bianchi.
E, a partire da questo momento, dopo averci regalato l'incredibilmente realistica sequenza dell'incidente di Frankie, Theakston, tra corridoi d'ospedale e cupe sequenze oniriche, ci spinge a desiderare sempre più informazioni relative alla storia che si sta narrando, lasciando emergere in maniera progressiva l'oscuro passato di Lizze, mentre Ben si rivela essere in possesso della chiave che potrà permettere di riportare indietro la sorella.
E' allora evidente che, al di là della tanto breve quanto inquietante apparizione della bambina dagli occhi bianchi, "The Lazarus child", dominato dalla grigia atmosfera enfatizzata dalla fotografia di Lukas Strebel ("L'ultimo valzer"), non sia altro che l'ennesimo dramma incentrato su elementi come la speranza, la fede ed il riscatto della famiglia.
Però, se il clima di mistero è efficacemente reso, il banale epilogo, oltre a renderci consapevoli del fatto di essere stati posti continuamente in attesa nei confronti di un inesistente twist ending, non fa altro che accentuare la lentezza e l'inutilità dell'intera operazione, cui non giova certo la dimenticabile prova di un imbambolato Garcia.

La frase: "Ti dispiace perché sono morto, anche a me".

Francesco Lomuscio

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