Lost in La Mancha
Quando, nel marzo del 1999, è iniziata la pre-produzione del film di Terry Gilliam, The man who killed Don Quixote, Keith Fulton e Louis Pepe (due cineasti 'specialisti' in documentari, molti dei quali girati su Hollywood ed il suo 'dietro le quinte') sono stati incaricati dallo stesso Gilliam di seguire tutte le fasi di lavorazione del film, così da poter utilizzare il materiale girato a fini promozionali: Lost in La Mancha nasce così, concepito come una sofisticata quanto originale opera auto-celebrativa. Ma questo particolare esempio di meta-cinema lentamente si è trasformato in uno splendido, e allo stesso tempo drammatico, documentario sulla mancata realizzazione di un importante lungometraggio. In effetti, il progetto di Gilliam si era dimostrato sin da subito molto ambizioso e difficile da realizzare (tanto che la lavorazione è stata sospesa per mancanza dei fondi necessari per poi riprendere un anno più tardi) ma la consapevolezza che il film non avrebbe mai visto la luce si è concretizzata solo qualche giorno prima della decisione ufficiale di sospendere in maniera definitiva le riprese.
Gli 89 minuti di Lost in La Mancha documentano tutti i momenti cruciali del Don Quixote di Gilliam, dalla prima riunione a Madrid con l'intera troupe alle (poche) scene girate nella prima settimana di riprese, passando per la realizzazione delle scenografie, la scelta dei costumi, le prove di lettura con i principali attori (Jean Rochefort e Johnny Depp) e, soprattutto, gli infiniti disagi e contrattempi che hanno costellato la realizzazione del film fino a segnarne inesorabilmente il fallimento. Grazie alle 80 ore di prezioso girato che i due cineasti hanno avuto a disposizione (sotto espressa richiesta del regista, infatti, i microfoni e le telecamere non sono stati mai spenti), Fulton e Pepe hanno ricostruito meticolosamente le disavventure di Gilliam e del suo film, arricchendo i propri filmati con puntuali e sagaci interviste fatte sul posto, una raffinata colonna sonora e lunghe digressioni su Cervantes e su un indimenticabile regista, Orson Welles, anch'egli vittima della 'maledizione di Don Chisciotte'; è perfettamente inserita nel contesto persino una simpatica animazione di Chaim Bianco, il Terry Gilliam's Picture Show, ricavata in gran parte dalle illustrazioni dello stesso Gilliam. Ma la bellezza e l'unicità di questo documentario non risiedono solo nella sua ottima realizzazione tecnica e nella professionalità di Fulton e Pepe: portando sullo schermo, per la prima volta, le difficoltà (spesso economiche) e gli ostacoli di diverso genere che una pellicola importante ed impegnativa può dover affrontare in fase di realizzazione, Lost in La Mancha coglie tutto il dramma di quando un film viene letteralmente disintegrato non tanto dalla disapprovazione di pubblico e critica, quanto dalle più svariate fatalità che spesso possono decretare la fine non soltanto di un progetto ma anche, e soprattutto, di un sogno.
La riflessione forse più amara che deriva dalla visione di questo documentario è che l' "uomo che ha ucciso Don Chisciotte" è stato probabilmente il suo più fedele ed accanito sostenitore: Terry Gilliam, che in balìa della propria ossessione ha finito per perdere il 'contatto con la realtà' e, lottando contro i mulini a vento, ha lentamente ed inconsapevolmente portato il suo film al collasso.

Laura Spina

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