Il nome del figlio
Paolo (Gassmann), Claudio (Papaleo) e i coniugi Betta (Golino) e Sandro (Lo Cascio), sono cresciuti insieme, Paolo e Betta perché fratelli, gli altri due in quanto figli di collaboratori della loro ricca ed importante famiglia, i Pontecorvo. La rivelazione da parte di Paolo e della sua compagna incinta Simona (Ramazzotti) del nome del loro prossimo figlio scatenerà dinamiche e rivelazioni inaspettate, che segneranno indelebilmente i rapporti reciproci.
A sette anni dal suo ultimo film (Questione di cuore) la romana Francesca Archibugi non sbaglia il suo ritorno nelle sale, grazie ad una commedia elegante e intelligente che sa far ridere con gusto. Come ogni buon film, sono molte le componenti che lo rendono tale, tutte ugualmente importanti e tutte meritevoli di una menzione. Innanzitutto la regia della Archibugi, che a proposito del suo lavoro per questa pellicola ha detto: “Considero ogni vanità registica una colpa, grande quanto la sciatteria. Con la cura della messinscena, l’oculata scelta dell’obiettivo, dei movimenti di carrello e panoramica, io voglio solo sprigionare calore dall’immagine, ma la mia mano deve essere invisibile. Altrimenti me la taglio. Al montaggio”. È una scelta registica ben precisa, che palesa un attento e mirato lavoro tanto nella pre quanto nella post produzione e che ha il suo frutto in un film che scorre senza essere mai appesantito da, appunto, inutili vanità. La scorrevolezza è il risultato anche dell’ottimo lavoro di scrittura, effettuato dalla Archibugi stessa e da Francesco Piccolo (premio Strega e sceneggiatore, tra gli altri de “Il capitale umano”). Lo sceneggiatore ha spiegato quanto il testo di partenza, più che “Cena tra amici” (film francese del quale teoricamente “Il nome del figlio” è remake) sia stato quello della commedia teatrale. “Siamo andati a riprenderci tutto il percorso narrativo della commedia francese, e abbiamo trasformato ogni singolo personaggio in un italiano, qualcuno che conoscevamo, che ci assomigliava, qualcuno che avremmo o non avremmo voluto essere, che forse siamo senza accorgercene o senza accettarlo” (Piccolo). E la rappresentazione dell’Italia, o di alcune tipologie di italiano, pur con le sue caricature (che sono comunque connaturate nel genere della commedia ma che nello specifico di questo film non sono né eccessive né fastidiose) è l’altra forza di questo film: Paolo, Betta, Sandro, Claudio e Simona sono tutti personaggi credibili (grandi meriti al casting) e divertenti, resi tali dalla costruzione congiunta fatta da regista e interpreti stessi. “Li ho lasciati sfrenare nella estemporaneità e istintività della recitazione, e non hanno dato al film altro che regali… ma se non hai fatto prima un lavoro pignolo e meticoloso, spesso resta velleitarismo” (Archibugi).
Nel particolare delle interpretazioni, detto di una Golino brava nell’incarnare la mamma tuttofare trascurata dal marito, Lo Cascio l’intellettuale che rifugiandosi nei libri e in Twitter si nasconde dalla realtà, Papaleo l’artista un po’ sui generis e Ramazzotti la bella ma svampita (?) e non particolarmente colta autrice di best seller piccanti, il vero mattatore è Alessandro Gassmann. Con un ruolo perfetto per le sue qualità attoriali, Gassmann ha dato vita ad un personaggio, Paolo, di rara simpatia e brillantezza.
“Il nome del figlio” è dunque una commedia che merita d’essere vista, innanzitutto perché assolve in pieno all’aspettativa prima del genere: fa ridere, e poi perché dimostra (soprattutto in Italia) che il lavoro attento e accurato non si nasconde solo dietro un cinema “pesante”. Si chiama qualità, e va valorizzata il più possibile.
La frase:
- "Perché il maschio non può essere più piccolo della femmina?"
- "Perché siete già troppo scemi".
a cura di Alessio Altieri
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