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Grace is gone
Vincitore del premio speciale del pubblico all’ultimo Sundance Festival, "Grace is gone" rientra appieno in quella categoria di cinema indipendente americano ormai denominata per l’appunto come la rassegna diretta da Robert Redford. Caratteristiche generali: basso budget produttivo, minimalismo narrativo, storia incentrata sull’incapacità comunicativo dell’uomo odierno e attori celebri che si prestano al progetto per cachet bassissimi o direttamente in veste di produttori. Caratteristiche particolari (proprie di Grace is gone e di altri film indipendenti, ma non di tutti): la presenza di bambini (quando non ci sono loro, ci sono altri personaggi di contorno con vizi e tic particolari) e quella di una malinconia onnipresente, senza scampo.
Quelle della perdita e del lutto sono tematiche figlie di questi anni.
Questa guerra sparpagliata per il mondo con l’unico comune multiplo dell’essere rivolta su ragioni di identità culturali tocca sia chi si trova il conflitto dentro casa, che chi manda i propri connazionali a combattere dall’altra parte del globo. Come il Vietnam un tempo, l’onda lunga dell’11 Settembre comincia a sbarcare al cinema non più come evento, ma come causa alla base di effetti e sentimenti più profondi (sulla stessa falsariga si potrebbe includere il bel Reign over me). Da questo punto di vista "Grace is gone" è un film coraggioso e interessante: l’idea che sia l’uomo a scontare la morte del coniuge mandato in guerra così come il concetto della lontananza di un genitore con cui i figli devono fare i conti, sono elementi potenzialmente ricchi d’interesse. Peccato però che il film si crogioli un pò troppo in queste intuizioni costruendo una sceneggiatura su di un unico spunto: l’incapacità del papà a dire alle figlie che la mamma è morta. Tutto così si trascina per la quasi canonica ora e mezza (che in questo caso sono 85 minuti scarsi), rimandando continuamente quel momento da lacrima che tutti si aspettano fin dall’inizio. Mai un momento di leggerezza. A molti piacerà (quando ci si commuove non si riesce a non apprezzare un film), ma tutta l’operazione sa un pò di furbata.
La frase:
- "Cosa fai a lavoro papà?"
- "Vendo cacca".
Andrea D’Addio
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