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Drive











È proprio come un buon cocktail: sceneggiatura gasante, montaggio adrenalinico, musica di suspense e, perché no, un po’ di "americano".
Come si sa, oggi giorno è assai difficile trovare un film di stampo hollywoodiano che si distacchi dai classici canoni anni ’70, per avviarsi sul sentiero del film di genere senza però che la critica asserisca "è il solito film americano". Giorno dopo giorno, infatti, assistiamo all’uscita in sala di pellicole apparentemente simili ma diverse, perché ormai la bravura del regista sta (deve stare) in questo: prendere i soliti ingredientidi trama, musiche e inquadrature (già viste, già sentite), e agitare l’intruglio in un nuovo cocktail prelibato, con le giuste dosi, nella giusta maniera.
Nicolas Winding Refn sembra essersi guadagnato così la Palma d’oro a Cannes per la Miglior Regia col film Drive, in uscita nelle sale il prossimo 30 settembre. Dal budget relativamente basso (intorno ai 15 milioni di dollari), il film non presenta detonazioni e soprattutto, nessuna corsa, o almeno, nessuna gara di velocità. Perché seppur il titolo faccia pensare a questo, Driveè invece un film sui sentimentalismi e sui rapporti interpersonali. La storia, certo, quella lontanamente vorrebbe spostarsi sul versante delle corse di cui ci vien detto poco: forse saranno legali, magari clandestine, quel che si sa è che faranno guadagnare parecchio; ma non è lì che Drive vuole arrivare.
"Driver" (mi riferisco così a lui perché non verrà mai chiamato per nome), interpretato da un po’ troppo neutro Ryan Gosling, è un giovane che si guadagna da vivere facendo lo stuntman ad Hollywood di giorno, e l’autista per rapinatori di notte. Come di mattina può ribaltarsi in una vettura sottostando alle volontà dei registi per i quali lavora, di notte è lui il padrone, è lui che detta le regole, è lui che scrive la sceneggiatura della sua vita notturna, perché ne va della sua professionalità: non lo si rintraccia mai due volte sullo stesso telefono; è concentrato e taciturno quando è in azione; ha pianificato tutto, eppure sembra ricercare continuamente una nuova via d’uscita, e infine, necessita sempre di auto modificate perché non pochi sono gli inseguimenti in cui è chiamato in causa. Gran parte del film, infatti, si svolge in auto o in un’officina, gran parte della storia viene raccontata o snodata tra i sedili di una vettura. Ma questo è a dir poco ovvio, altrimenti Drive sarebbe un titolo inopportuno.
Ed è proprio a bordo di un’auto rubata che comincia l’avventura, l’unica per la quale Driver sarebbe disposto a mettere in gioco la sua stessa vita, ad aspettare quel "minuto in più" per salvare la donna che silenziosamente ama, catapultandosi in un gesto un po’ troppo altruistico che spinge il suo amico Shannon (Bryan Cranston) ad affermare: "Conosco tanti uomini che se la fanno con donne sposate, ma tu sei il primo che rapina un negozio per dare una mano al marito".
Basato su una sceneggiatura povera di dialoghi e di lunghe pause tra una battuta e l’altra, Refn dimostra di essersi meritato il premio riuscendo a non far pesare i silenzi grazie agli efficaci sottofondi bassi che riempiono l’atmosfera della giusta dose di imprevedibilità.
Perché nella malavita californiana niente è mai sicuro, di nessuno ci si può fidare, e perché, in questo clima, l’inatteso, Refn, sa come farlo arrivare: un’esplosione, uno sparo, che giunge dopo aver dissolto gradatamente le note basse sul silenzio senza che nessuno se ne sia reso conto.
È così che il regista ha lavorato, servendo a tutti il suo eccitantecocktail d’azione.

La frase:
"Dammi ora e luogo e ti do cinque minuti. Qualunque cosa accada un minuto dopo te la cavi da solo".

a cura di Ivan Germano

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