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Domani andrà meglio
Tutto inizia con un'eredità: una cassettiera troppo grande per la nuova e piccola casa di Elisabeth. Un evento piuttosto banale e altrettanto frequente nella vita di ognuno di noi, dal quale parte e si sviluppa l'intero film di Jeanne Labrune. Tra plastiche di imballaggio e innocenti cassettiere nascono e si sviluppano i rapporti di un gruppo di persone che prima non si conoscevano. Elisabeth, paranoica aspirante scrittrice, incontra Sophie, petulante ed isterica moglie di Xavier, pranoterapeuta maniaco del sesso. Nel frattempo Frank, bulimico e miglior amico di Xavier insidia Sophie mentre Elisabeth litiga con Marie, amica di sempre, violoncellista repressa, algida e distante.
Tra incontri e scontri si svolgono le vite normalissime di questo non poi così insolito gruppo di persone; tutte ossessionate da stupidaggini, parlano continuamente senza riflettere a ciò che dicono: dimenticano le loro affermazioni con la stessa velocità con la quale le hanno espresse, capaci persino di dichiarare esattamente il contrario, qualche minuto dopo.
Ma nonostante tutto questo parlare distratto arrivano a creare legami meno superficiali di quanto sembrino all'apparenza: Elisabeth supera finalmente la sua crisi depressiva e intraprende la scrittura del suo romanzo; Frank si adegua alla dieta imposta dalla moglie e dimentica Sophie. Mentre Xavier e Sophie pur discutendo incessantemente su tutto, si amano come il primo giorno.
I personaggi della Labrune non sono affatto cinematografici, ma al contrario perfettamente somiglianti agli uomini e alle donne comuni che ogni giorno attraversano la strada per proseguire nella loro quotidianità, persi nei propri dubbi e immersi in una indiscutibile e imperscrutabile solitudine. Le contraddizioni, le ossessioni e le stravaganze di quei personaggi sono anche le nostre: l'ansia che sembra prenderli costantemente per mano, appartiene anche a noi e, come loro, non siamo in grado di liberarcene, neppure per un minuto.
La costruzione del film ricorda un pò quella di Robert Altman in "America Oggi", ma solo nella libertà con la quale si avvicendano gli eventi che qui, invece, risultano essenzialmente banali. Ma con la stessa arte del regista americano la Labrune ha scelto un cast davvero straordinario: indimenticabili Nathalie Baye e Jean-Pierre Darroussin chiusi in macchina a discutere come forsennati su argomenti davvero vani.
Valeria Chiari
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