Cose cattive
In qualità di produttore figura Luca Argentero, ma il protagonista di "Solo un padre" (2008) fa, in realtà, soltanto una breve apparizione all’interno del primo lungometraggio diretto da Simone Gandolfo, incentrato su quattro ragazzi entrati a far parte di un gioco perverso.
Quattro ragazzi con i volti di Marta Gastini, Jennifer Mischiati, Nicola Sorrenti e Aaron George Reg Moss, i quali, scelti per aver vinto un concorso lanciato dal blog "Cose cattive", che prevedeva, appunto, il trionfo di coloro che avrebbero postato i filmati più malvagi, si ritrovano in un piccolo paese sperduto tra le montagne dove ritirare il premio, ma che, in realtà, non rappresenta altro che l’inizio del loro incubo.
Perché, mentre a dominare sono soprattutto camera a mano e montaggio frammentato, atti probabilmente a richiamare alla memoria il linguaggio visivo dei video da web, il quartetto finisce presto sotto i riflettori di internet e spiato dal misterioso Master, novello Jigsaw pronto a punirli per le cose cattive commesse.
Del resto, se i momenti in cui gli utenti si connettono tramite tablet e altri strumenti tecnologici per assistere al reality non possono fare a meno di richiamare alla memoria alcune situazioni di "Hostel: part 2" (2007), è impossibile non pensare all’arcinota saga di "Saw" nel corso dei circa novantacinque minuti di visione, comprendenti nel cast anche il bravo Pietro Ragusa di "Si può fare" (2008).
Circa novantacinque minuti di visione in aria di denuncia nei confronti della solitudine dettata dalla tecnologia moderna e destinati a sfociare nel torture porn durante la loro seconda parte, tra corpi carbonizzati, scosse elettriche e ricorso ad acido corrosivo, pur senza apparire mai eccessivamente espliciti.
Forse, però, è proprio questa non intenzione di "andare oltre" (pochi mezzi?) a penalizzare in parte l’operazione; che, con un’ultima sequenza posta dopo i titoli di coda, risulta sì coraggiosa per il panorama cinematografico tricolore d’inizio XXI secolo e caratterizzata da una confezione tecnica in grado di permetterle tranquillamente di competere nel mercato internazionale, ma priva di quella necessaria gestione dei tempi narrativi e del senso dell’intrattenimento da brivido tipici del più volte efficace horror di matrice francese o made in USA.
La frase:
"Conoscere le sacre scritture a memoria non basta per essere puri".
a cura di Francesco Lomuscio
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