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Caramel
Chi l’avrebbe mai detto che una giovane nonché bellissima donna libanese alla sua prima esperienza davanti e soprattutto dietro la macchina da presa, con un cast quasi tutto di attori non professionisti, sarebbe stata capace di dar vita ad un piccolo gioiello di film che risponde all’invitante nome di “Caramel”?
Qualcuno evidentemente le deve aver creduto sin dall’inizio, se poi l’opera prima di Nadine Labaki (peraltro regista di diversi spot pubblicitari e video musicali per cantanti arabi) è stata presentata con grande successo nella prestigiosa sezione Quinzaine des Realizateurs all’ultimo Festival di Cannes.
Il titolo fa riferimento alla tipica ceretta per la depilazione che si usa in Medio Oriente, una miscela di zucchero, limone e acqua, che portata da ebollizione si trasforma in caramello. Un impasto allo stesso tempo dolce ma che può anche bruciare e far male... E’ proprio su questo dualismo che ruota un corale affresco tutto al femminile, ambientato in un istituto di bellezza della Beirut di oggi.
Un microcosmo colorato e variopinto, in cui si alternano con sorprendente equilibrio le storie di sei donne di diverse generazioni.
Amiche, sorelle, colleghe, vicine, tutto più o meno sull’orlo di una crisi di nervi, tutte quasi inconsapevolmente solidali tra loro per affrontare la vita di tutti i giorni, tra segreti, sensi di colpa, ambizioni, grandi amori e piccole vendette, all’inseguimento affannato di una felicità sempre più simile ad una chimera che a un obiettivo realmente raggiungibile.
Se certo non è la prima volta che il cinema tratteggia un affresco dove a farla da padrone è il mondo di quello che solo a parole è chiamato “sesso debole” (da “Donne” di Cukor a “Fiori d’acciaio” di Ross, tanto per fare due esempi), sicuramente è inedita in questo caso la cornice. Una pellicola libanese che finalmente non parla solo di guerra, ma della quotidianità, di una realtà che si sta pian piano occidentalizzando e modernizzando, nel bene e nel male (basti pensare all’ossessione del “rifarsi” a tutti i costi), pur mantenendo saldi e inoppugnabili principi e tradizioni secolari.
Tra matrimoni e cene, appuntamenti mancati e inquietanti maschere di bellezza, emerge una Beirut vitale che fa da sfondo a questo leggero girotondo dai toni mélo. L’appassionato omaggio al mondo femminile e la scrupolosa cura nella descrizione dei personaggi ricorda il tocco di Almodovar, privato però delle sue audaci provocazioni.
“Caramel”, inevitabile, piacerà senza ombra di dubbio alle donne, che non potranno non commuoversi e sorridere per ovvio processo di identificazione col dolceamaro teatrino messo su da Nadine Labaki con una davvero lodevole padronanza del mezzo filmico.
Ma anche noi uomini non potremo resistere al fascino di un universo che spesso e volentieri non possiamo (o non vogliamo?) conoscere...
Nadine Labaki è un nome da tenere d’occhio (rappresenterà il suo paese ai prossimi Oscar), ci seduce con la sua mediterranea bellezza e ci affascina con il suo intelligente pastiche, molto meno zuccheroso di quanto si possa pensare, estremamente raffinato nelle sue calde immagini fatte di fugaci sguardi e particolari rubati, e allo stesso tempo conquista per la sua semplicità e naturalezza.
La frase: "Tu non conosci una parola di francese! sei un’ignorante.. hai pure ripetuto due volte l’asilo!".
Stefano Del Signore
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