Behind Enemy Lines
Il motivo per cui gli americani non riescano mai a confezionare un film di guerra in cui non appaiano come dei supereroi mi è del tutto ignoto, ma credo che sia una parte imprescindibile del loro DNA. Anche questa pellicola, diretta dall'esordiente John Moore, non fa eccezione, l'unica nota innovativa è che il protagonista non è un pluridecorato pilota della marina, ma il suo navigatore (quello seduto sul seggiolino posteriore per capirci).
Ci troviamo su una portaerei americana sul Mar Adriatico durante il conflitto balcanico. L'F18 su cui è imbarcato il tenente Chris Burnett (Owen Wilson / "Pallottle Cinesi"), viene abbattuto durante una missione di ricognizione sulla Bosnia a causa di alcune riprese effettuate. L'unica testimonianza del mancato rispetto dei trattati da parte delle truppe Bosniache è quella che potrebbe fornire Burnett che per questo diventa un bersaglio semovente. La missione di recupero che dovrebbe trarlo in salvo viene annullata su ordine del comando NATO per evitare di rompere i fragili equilibri di pace. Il sacrificio di Burnett è un piccolo prezzo da pagare per evitare il riacutizzarsi del conflitto. Burnett è ora solo in territorio nemico è con l'unico appoggio del suo ammiraglio comandante: Reigart (Gene Hackman / "Allarme Rosso") che cerca in tutti modi di convincere il comando a recuperare il suo uomo - forse perché sa bene cosa si prova essendo stato nei panni del pilota abbattuto in "BAT 21" -.

La pellicola si muove su due linee narrative ben distinte, quella che ha come protagonista Burnett in fuga nelle linee nemiche (più improntata all'azione) e quella che vede Reigart ingaggiare una lotta diplomatica con il suo comando (che ricorda un film di spionaggio). La regia di Moore riesce a ben sottolineare questa dicotomia, inoltre accompagna con il suo stile la narrazione utilizzando un montaggio frenetico nelle scene d'azione ed uno più classico, seppur con prospettive innovative, per le scene più "tranquille". Lo stile di Moore nel complesso ricorda molto quello di Tony Scott.
I maggiori difetti del film risiedono nella sceneggiature: la scelta di mostrare il comando NATO come senza scrupoli e disposto ad abbandonare i sui uomini per un ipotetico bene maggiore è sicuramente condivisibile, ma perché tirare il sasso e nascondere la mano dando la "colpa" al comando francese? Apprezzabile anche la cruda rappresentazione degli orrori della guerra, sinceramente nello stesso film, come poi nella realtà, si fa fatica a capire chi sia il "cattivo", chi combatta contro chi e per cosa? Però poi ci si perde mostrando antagonisti inetti ed americani eccezionali "duri e puri". Su tutto la sequenza in cui Burnett attraversa un campo di mine antiuomo, in esplosione, senza farsi nulla o l'attacco degli elicotteri americani in cui i miliziani si fanno falciare da mitragliatrici e razzi senza batter ciglio.

In conclusione un film non da disprezzare, ma da vedere inserendo degli opportuni filtri per superare i momenti di eccessivo "machismo-USA".

La chicca: Nella scena iniziale in cui Burnett tenta di prendere al volo il pallone da football facendolo finire in mare, mentre questo si allontana tra le onde, il tenente lo saluta urlando "Wilsooon". Piccolo omaggio al coprotagonista di "Castaway" (un pallone da volley soprannominato Wilson, appunto).

Curiosità: la scena dell'espulsione dei due piloti è ripresa in modo decisamente innovativo mostrandoci le 164 (!) operazioni meccaniche che avvengono in circa 12 decimi di secondo

Indicazioni:
Per i nostalgici dei film di guerra.

Valerio Salvi

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