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2061 - Un anno eccezionale
La sua in riguardo all’Italia del futuro, in realtà, Enrico Vanzina già aveva avuto modo di dirla co-sceneggiando il dimenticato “Animali metropolitani”, il quale, diretto nel 1987 dal compianto papà Steno, ipotizzava un progressivo e grottesco ritorno dell’essere umano alla fase scimmiesca.
Ora, affiancato in sede di script dal fratello Carlo, che firma la regia, e dall’attore protagonista Diego Abatantuono, ci trasporta nello stivale tricolore del 2061, assai lontano da quello voluto da Giuseppe Mazzini, Camillo Benso Conte di Cavour e Giuseppe Garibaldi, in quanto piombato in una sorta di cupo Medioevo in seguito ad una tremenda crisi energetica dovuta all’esaurimento delle scorte petrolifere.
Uno stivale disunito e multietnico, quasi pre-risorgimentale, nel quale un gruppo di avventurosi patrioti intraprende un grottesco e picaresco viaggio al fine di unirsi alla resistenza ed arrivare a Torino per rifare il paese.
Quindi, tra Sultanato delle due Sicilie e Granducato di Toscana, dove al potere mirano le fazioni dei Della Valle e dei Cecchi Gori, i fratelli Vanzina prendono dichiaratamente ispirazione dalla monicelliana “Armata Brancaleone” per denunciare su pellicola lo spacco a cui rischia di giungere una nazione in preda a regionalismo ed egoismo, con più di un riferimento a “Attila-Flagello di Dio” di Castellano e Pipolo e qualche analogia (probabilmente involontaria) con il quasi contemporaneo “Idiocracy” di Mike Judge, del quale rispecchia anche l’analitico sguardo ironico-pessimista.
E, supportati da un nutritissimo cast all’interno di cui, al di là del già citato “terruncello”, spiccano il sempre grande Dino Abbrescia, un Emilio Solfrizzi più convincente del solito ed una divertente Sabrina Impacciatore “ochetta”, è in questo contesto, tra piccioni viaggiatori portatori di sms, immancabile parentesi romantica e look generale nostalgicamente legato ad una certa produzione di genere nostrana ormai scomparsa, che tirano in ballo esilaranti trovate (un numero della rivista “Nonna moderna” dedicato ai 100 anni di Raffella Carrà), deformazioni di nomi noti (Bifolco Quilici e Giulio Verme) e strizzate d’occhio al quartetto comico dei Gatti di Vicolo Miracoli (la presenza di Ninì Salerno ed una battuta su Umberto Smaila).
Senza dimenticare la critica alla violenza emanata dai reality show ed un’apparizione in stile “Notte prima degli esami” per Enzo ”er Cipolla” Salvi e Mariano D’Angelo, nel corso di circa 100 minuti di visione il cui lato comico gioca soprattutto (e spesso bene) con i vari dialetti, mentre la struttura ed i risvolti della sceneggiatura finiscono per avere la meglio sulla regia, meno dinamica e più statica del consueto, seppur nella media ed in grado di affrontare satiricamente determinati argomenti in modo da fare invidia ad un certo cinema (auto)definito autoriale.
Anche perché, tenendo in considerazione le incredibili capacità profetiche dei lavori di celluloide partoriti dalla progenie di Mr “Febbre da cavallo”, tra una risata e l’altra c’è soltanto da tremare di paura!
La frase: "Certo che voi italiani non cambierete mai".
Francesco Lomuscio
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