Venuto al mondo
La coppia, nella vita e nel lavoro, formata dall’attore e regista Sergio Castellitto e dall’ex attrice e ora scrittrice Margaret Mazzantini ha all’attivo tre film: "Non ti muovere", "La bellezza del somaro" e "Venuto al mondo"; quest’ultimo è sicuramente il più complesso dal punto di vista realizzativo per ambientazione e vicende, con un cast internazionale e una durata non indifferente.
Una prova difficile da superare ma che Castellitto affronta con professionalità e competenza, anche se con poca vitalità.
Gemma (Penélope Cruz), va a Sarajevo con suo figlio Pietro (Pietro Castellitto) in occasione di una mostra fotografica in memoria delle vittime dell’assedio, in cui ci sono anche gli scatti di Diego (Emile Hirsch), ex marito di Gemma e padre di Pietro. Tornata in città dopo vent’anni, la protagonista incontra le persone con le quali ha condiviso gioie e dolori, felicità e paura, durante la guerra. Il suo amico Gojko (Adnan Hasković) la accoglie con calore e la riporta dentro quel periodo durante il quale le sono successe molte cose, alcune delle quali ancora sospese.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Mazzantini: una scelta non nuova per Castellitto, che per risolvere la questione dell’adattamento intraprende la strada della fedeltà pressoché totale alla storia originale; dei tagli ci sono stati per questioni di durata ma non hanno in nessun modo intaccato la comprensione del racconto. C’è invece qualcosa che con la fedeltà ha poco a che fare: alcuni dialoghi, soprattutto i più salienti, sono stati quasi del tutto modificati a favore di un modo di esprimersi dei personaggi teatrale, ma ai limiti della banalità. La scelta degli attori poi, si rivela in alcuni casi azzeccata, in altri meno: la Cruz, contrariamente alle aspettative, si dimostra poco adatta ad interpretare Gemma, personaggio che quasi la limita; la stessa cosa accade per Emile Hirsch, poco credibile nei panni di Diego, soprattutto se si tengono a mente altri suoi lavori (ad esempio, “Into the wild”). Perfetti invece, Hasković nel ruolo di Goiko e Pietro Castellitto: due attori che seguono perfettamente la caratterizzazione che la Mazzantini dà dei loro personaggi. Nel secondo caso però, sarebbe stato meglio evitare qualche "esagerazione" attoriale.
L’autore ci dà prova di grande professionalità e capacità nel gestire un set complesso, con ambientazioni e situazioni non facili da ricostruire (la scenografia di Francesco Frigeri merita una menzione speciale); peccato però che il suo stile, maturato soprattutto nei primi due lungometraggi, si sia perso totalmente: chi ricorda le soggettive, i piano sequenza, le scene al ralenti e altre particolarità tecniche di questo tipo rimarrà molto deluso dallo stile adottato in "Venuto al mondo". Irreggimentato, appare semplice e poco interessante. La forza del film sta chiaramente nella storia e nel contenuto che veicola, ma qualche accortezza in più nella forma non sarebbe dispiaciuta.
In conclusione, l’ultima prova di Sergio Castellitto da regista e, anche se per poche scene, da attore si dimostra completamente diversa dalle precedenti: il suo modo di vedere il cinema è indubbiamente cambiato da “Libero Burro” a questa parte, ma c’è il rischio che, a forza di affinare e semplificare la tecnica, l’autore perda quell’estrosità e quell’originalità che all’inizio della sua avventura cinematografica erano evidenti e che ora, pare, si siano assopite.
La frase:
- "Qual è la tua parola preferita?"
- "Libertà".
a cura di Fabiola Fortuna
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