Un silenzio particolare
In un'ampia area situata sulle pendici del monte Peglia sorge La Città del Sole, un complesso agrituristico che ha la capacità di accogliere persone con varie forme di disagio psichico e motorio. Tra questi si trova periodicamente Matteo, un ragazzo di vent'anni che vive in un mondo apparentemente impenetrabile anche ai suoi genitori, Stefano e Clara. Un luogo di vacanza e di ristoro in cui gli ospiti cercano di curare le loro estreme fragilità con la voglia di stare insieme. Matteo però si tiene in disparte in un atteggiamento di rifiuto, e solo l'amore e la pazienza dei genitori, uniti alle circostanze della vita riusciranno ad aprire a Matteo la strada per quel "silenzio particolare" di cui sembra disperatamente aver bisogno.

Stefano Rulli (tra i fondatori della Città del Sole assieme a Clara Sereni) offre con molta sensibilità ma anche con molto pudore il diario di una famiglia "diversa", un invito a chi non ha esperienza con situazioni di disagio mentale a cimentarsi con esso e a conoscerlo, anche se solo per il tramite di una finzione autobiografica. Infatti il film riflette molto, soprattutto nei dialoghi, la vera esperienza di Stefano, Clara e Matteo, nonché degli altri ragazzi che trovano nella Città del Sole un rifugio, ma mai una fuga.

Tecnicamente viene sottolineato il carattere privato della pellicola, ad esempio con il mancato uso di telecamere fisse, nonostante il loro uso fosse stato programmato in fase di progettazione. Ma come puntualizza l'operatore Ugo Adilardi "la possibililtà di un miglior risultato tecnico avrebbe quasi certamente eretto tra noi e i ragazzi una barriera che non poteva e non doveva esserci". E il risultato non è quello di realizzare inquadrature impeccabili, ma inquadrature vere, quasi a sottolineare il carattere domestico della produzione.

Un silenzio particolare non è un film facile, perché richiede una grande capacità di comprensione da parte dello spettatore. Ma lungi dall'essere pedante o didascalica, si tratta di un'opera che nella sua verità riesce ad essere dolcemente poetica: un'utopica ricerca di un luogo in cui "normalità" e "diversità" possano convivere in maniera armonica.

La frase: "A me i sogni non piacciono molto, preferisco credere nelle utopie".

Mauro Corso

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