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Un alibi perfetto
Classe 1943 e con oltre una ventina di regie all’attivo, il newyorkese Peter Hyams è uno di quei nomi che hanno saputo cavalcare la professione cinematografica cimentandosi, spesso dignitosamente, in quasi tutti i generi, pur senza riuscire mai a confezionare un vero e proprio capolavoro o classico.
Per intenderci, è colui che ha diretto sia Sean Connery in "Atmosfera zero" (1981) e "Il presidio, scena di un crimine" (1988), che Jean-Claude Van Damme in "Timecop - Indagine dal futuro" (1994) e "A rischio della vita" (1995), oltre ad aver permesso ad Arnold Schwarzenegger di combattere contro Satana in "Giorni contati" (1999).
Anche se la sua filmografia, che include perfino l’horror "Relic - L’evoluzione del terrore" (1997), riconosce forse i titoli più noti in "Capricorn One" (1977) e "2010 - L’anno del contatto" (1984).
Filmografia cui va ad aggiungersi questo rifacimento di "L’alibi era perfetto", diretto nel 1956 dal grande Fritz "Metropolis" Lang, nel quale viene raccontata la vicenda del giovane e ambizioso giornalista C.J. Nicholas (Jesse Meatcalfe), che indaga sul procuratore distrettuale corrotto Mark Hunter (Michael Douglas) facendosi passare per il maggiore indiziato di omicidio e finendo con l’essere incriminato a sua volta dallo stesso.
Una vicenda che Hyams costruisce privilegiando non solo il rapporto tra il protagonista e il collaboratore Corey Finley (Joel David Moore), unico in grado di dimostrare la sua totale innocenza, ma anche quello con Ella Crystal (Amber Tamblyn), assistente del procuratore di cui s’innamora.
Per un prodotto che, penalizzato da un eccessivamente lento ritmo narrativo, sembra cominciare a decollare solo dopo circa un’ora di visione senza infamia e senza lode, tirando in ballo un paio di situazioni serrate e qualche accenno di tensione.
Ma, se in un primo momento la regia e il look generale sembrano rimandare in maniera quasi nostalgica al modo di fare cinema in voga tra gli anni Settanta e Ottanta, una volta superato l’epilogo a sorpresa (???) è facile associare l’insieme, del tutto privo di sequenze memorabili, al poco più che mediocre episodio di un qualsiasi telefilm.
La frase: "Tu sei ossessionato da quell’uomo".
Francesco Lomuscio
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