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Tom White
Era già uscito dall'orbita mentale da qualche settimana l'architetto Tom, cioè da quando - per il progetto al quale stava lavorando - il suo capo vedendolo stressato gli aveva preferito un collega giovane. Dopo 20 anni di routine, con moglie e figli piccoli egli riesce ancora per breve a mascherare il proprio stato. Finchè la testa cede e si porta appresso anche il corpo: l'uomo (un alienato Colin Friels, già protagonista nell'apprezzato "Alla ricerca dello stregone") abbandona l'auto, viene derubato del portafoglio contenente documenti e carte di credito, il cellulare gli finisce in lavatrice. "Io sono l'uomo che era qualcun altro", dice poi nel lasciarsi andare alla corrente della casualità, e con un solo punto fermo ("credo di non volere nulla per un pò") si sbronza di continuo, dorme, mangia, si veste come capita, entra in contatto con un'umanità marginale di omosessualità a rischio pestaggi, tossicodipendenza, clochard, minori cresciuti soli.
Il regista-produttore australiano Alkinos Tsilimidos - diploma alla Ewinburne School of Film and Television - è alla terza opera, la seconda consecutiva in collaborazione con lo sceneggiatore Daniel Keene, la prima ad uscire in Italia. L'idea nasce da una conversazione con Keene sul come e perché si diventa barboni, ed è stata sviluppata in più di un anno. Ha raccontato Tsilimidos: "ho immaginato questo film per molti anni. Era una cosa privata e segreta. Ho intrapreso il viaggio di Tom quasi ogni notte. Diventavo Tom e parlavo con gli altri". Piuttosto che una vita disagiata di lenta discesa nel baratro o un incubo senza passato, egli opta per una persona della classe media, inserita nella società e circondata di affetti tra le mura domestiche. La quale, per stress accumulato ha un tracollo improvviso. Ma che nei mesi successivi mantiene un barlume di memoria sentimentale per evitare l'autodistruzione, anche se nel breve finale sulla via del recupero alcuni pezzi sembrano compromessi. Un caso limite per dimostrare quanto siano precarie le certezze, pure nel cuore benestante del sistema occidente.
La frase: "Sapete perché non sono mai stato meglio? Perché non sono mai stato meglio".
Federico Raponi
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