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The Wrestler
A due anni dal suo ultimo film, "The Fountain", il regista dell’apprezzato "Requiem for a Dream", Darren Aronofsky torna a parlarci con il linguaggio che ama di più, ma questa volta lo fa con un’opera molto diversa dai suoi precedenti lavori.
Forte infatti era il desiderio di raccontare una storia, come quella di un ex wrestler professionista, della sua difficile, malinconica, convivenza in un mondo, che sembra avergli voltato le spalle per sempre.
Una pellicola, dallo straordinario impatto emotivo e narrativo, che ci regala un protagonista su tutti, in una prova maiuscola, forse la più alta della sua carriera.
Già quel Mickey Rourke, che nella vita, tante volte, ha conosciuto la celebrità, è caduto, si è rialzato, ha vissuto sulla propria pelle (ricordiamo che per anni ha abbandonato il cinema per darsi al pugilato) la fatica, il sacrificio di rimettersi in gioco, centra l’obiettivo giusto e rinasce a nuova vita, ma questa volta lo fa davvero.
La sua interpretazione è davvero potente, sincera, commovente, perfetta.
L’umiltà con la quale Rourke si avvicina al personaggio, fisicamente e psicologicamente, ci spiazza a tal punto, che gli anni di insuccessi, di silenzi, di buio, sembrano essere dimenticati.
In realtà qualche spiraglio positivo lo si era già intraveduto dal suo cameo in "Sin City" di Robert Rodriguez, ora però qualcosa è mutato veramente, il talento puro, quello nascosto, quello forse mai emerso, è ben visibile e ci emoziona.
Il regista racconta in maniera preziosa la vita dello sportivo, prima nell’Olimpo dei grandi, ora a fare i conti con gli anni che passano, col fisico che non regge (subisce un infarto), con l’udito e la vista che non funzionano più come una volta.
E in questa risalita professionistica, e umana, è lì che trova nuovi stimoli, recuperando non solo la gloria perduta e il rispetto dei suoi tifosi, ma anche l’affetto della figlia, (l’ottima Evan Rachel Wood) che sembrava aver perso.
Cerca un appoggio, e forse lo trova nell’amore di una spogliarellista (Marisa Tomei), si adatta ai lavori più difficili, vive ai margini, grida la sua amarezza, non si abbatte, vince l’ultimo match, quello con la vita.
Aronofsky ha grande merito non c’è che dire, non solo per costruire una storia intensa come questa, ma anche per come ci mostra un mondo di stelle, in questo caso quelle degli ex lottatori, che sembra forse metafora, dell’Hollywood degli alti e bassi, fatta di trucchi e stratagemmi, con i suoi momenti d’oro, con i suoi declini più tristi, con le sue vane glorie.
The Wrestler ha il merito di farci vedere e scoprire un mondo, Rourke quello di essere il faro più luminoso.
La frase: "È quello il mondo a cui appartengo".
Andrea Giordano
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